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- L’isola – di Kim Ki-Duk  2000 -

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Corea del Sud; Hee-Jin č una bella ragazza, taciturna (o forse muta), che gestisce uno stagno dove si trovano alcune casupole galleggianti, frequentate da gente in ferie che si dedica alla pesca, ma anche da ricercati, mariti in fuga con le amanti, prostitute che si offrono ai pescatori, gente in cerca di solitudine. Lei, senza dire una parola, con la sua vecchia barca a motore, trasporta le persone, porta loro cibo, ami per la pesca, puttane, si prostituisce lei stessa.
Hyun-Shik č un cliente in cerca di se stesso e di pace della mente, ex poliziotto che ha ucciso la moglie colta in flagrante tradimento. Nasce un amore dalla violenza e dalla potenza incontrollabile, soprattutto da parte di lei, e si fa strada in maniera che definire inusuale č poco. Doppio finale, che lascia spazio a miriadi di interpretazioni.
Paragonabile al “Dolls” di Kitano (e non solo), in Kim Ki-Duk convivono la violenza e la tenerezza, il sadomasochismo e l’amore senza confini.
Folle e irriverente, simbolico e devastante, disturbante e di poche, pochissime parole, parto, senza dubbio, un cineasta estremo.

di: Ale