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L’incipit è low-profile, quattro amici intellettuali seduti in
un caffè discutono sulla vita, e se sia più tendente al comico o
al tragico. Prendendo spunto da una storia raccontata da uno dei
quattro, il commediografo e il drammaturgo presenti cercano di
immaginarsela virata con le loro chiavi di interpretazione e di
immaginazione. Ne vengono fuori due storie parallele, di due
Melinda (Radha Mitchell, migliore quando fa la nevrotica), che
partono da un tentativo di suicidio, sono ravvivate da una serie
di coppie conoscenti che tentano di accoppiare la ragazza, e si
sviluppano, ovviamente, l’una a tinte drammatiche, l’altra a
tinte buffe; il finale sarà appropriato al tenore delle storie.
Siamo alle solite; il solito film godibile, qualche risata ben
fatta, qualche battuta indovinata, addirittura alcune seppellite
nella verbosità dilagante che, una volta, era la forza dei film
di Allen; New York si vede sempre meno, affogata dagli interni
lussuosi e radical-chic. Il sospetto è che l’amato Woody si stia
lentamente avviando sul viale del tramonto, e chissà se farà in
tempo a regalarci un film del quale non ci dimenticheremo dopo
cinque minuti dall’abbandono della sala.
Attori tutti bravi, ma sottotono, ad eccezione, forse, di Chloe
Sevigny, splendida quanto più è triste.
di:
Ale
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