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Nei
territori occupati in Palestina, una famiglia (padre insegnante,
madre casalinga e cinque figli, tre maschi e due femmine tutti
studenti) vive in una villetta a tre piani; dopo una ‘’visita’’
che sembra essere una toccata e fuga, una pattuglia
dell’esercito israeliano occupa i piani superiori della
villetta, relegando la famiglia al piano terra, e chiudendoli a
chiave tutti insieme nel salotto per la notte. Nasce lo
psicodramma, ovviamente, che in quei luoghi però, è all’ordine
del giorno.
Debutto più che convincente di Costanzo, che con pochissimi
mezzi (e ricreando la Palestina in Calabria; questo è un fatto,
extra film, che ci dovrebbe far riflettere) mette in scena un
film che avvince, molto teatrale nel concetto, aiutato a ‘’diventare’’
film dalle riprese in digitale e dalla camera quasi
costantemente a mano.
Grandi e intense le recitazioni di tutti i membri della famiglia
(a Locarno è stato premiato Mohammed Bakri, il padre, ma devo
dire che sono le donne che colpiscono di più con la recitazione;
il loro è il volto della resistenza, della vita e della
sofferenza), bello il concetto portato avanti dal padre, ottimo
l’espediente della figlia grande che si nasconde nell’armadio
per spiare gli Israeliani.
Finale ‘’aperto’’ ma tendente al dramma, anche se i semi della
speranza sono diffusi per tutto il film; ciliegina sulla torta,
sui titoli di coda Perfect Sense di Roger Waters, splendida.
di:
Ale
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