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				Live | 
               
				 
				
				Quest’anno, nonostante le polemiche in citta’ infurino da almeno 
				tre anni, Arezzo Wave si allarga, e passa a sei giorni di 
				durata, con un sacco di manifestazioni collaterali che vanno 
				molto al di la’ della musica, tutte interessanti. Il vostro 
				cronista preferito ha deciso di compiere uno sforzo decisamente 
				superiore alle sue possibilita’, facendosi quasi tre giorni 
				pieni della kermesse aretina. 
				
				
				Come sempre, vorrei partire da alcune considerazioni generali 
				sull’atmosfera e sull’accoglienza da parte della citta’. 
				Rimanendo tre giorni, ho avuto modo di constatare la gentilezza 
				degli aretini, in particolar modo degli esercenti (a parte 
				l’edicolante che mi ha rifilato la versione del Corriere dello 
				Sport nazionale dicendomi che non ne esisteva una toscana…..non 
				avevo voglia di litigare). E poi un sacco di cose, particolari, 
				che ti colpiscono e non ti lasciano. Ho visto un uomo con la 
				famiglia aggirarsi per la tribuna dello stadio con un cuscino 
				sotto braccio. Ho visto gruppi di ragazzi che si erano portati 
				le mozzarelle e il mais in scatola per mangiare risparmiando. Ho 
				visto la security, ribattezzata con una grande idea ‘’friend’’, 
				passare tranquillamente tra la gente, scambiando bicchieri di 
				plastica con bottiglie di vetro per evitare che il vetro 
				rimanesse in giro. Ho visto mamme col passeggino, ho visto 
				coppie anzianissime, almeno 70 anni, sedersi nello stadio e 
				osservare ed ascoltare gli One Dimensional Man. Ho visto un 
				sacco di giovanissimi che erano li’ anche a prescindere dalla 
				scaletta musicale, solo per il gusto dell’evento e di esserci. 
				Ho visto dei baristi darmi da bere a credito perche’ non avevano 
				il resto, sulla fiducia. 
				
				
				Penso che tutto questo sia molto bello; se ci mettiamo anche la 
				musica diventa eccezionale. 
				
				
				Venerdi’ 15 
				
				
				 La delusione di essere arrivato tardi per Chimenti (era allo 
				psycho stage) mi fa perdere pure il primo gruppo che si esibisce 
				sul main stage, i Substance-M. Scopriro’ la sera seguente 
				che l’inizio dei concerti allo stadio e’ stato anticipato alle 
				19,00, anziche’, come annunciato, alle 19,30. Pero’ arrivo per i
				127, una band di Teheran. Questo dovrebbe bastare, e 
				infatti e’ cosi’. Il cantante e’ stonato, e mi ricordano 
				vagamente i Leningrad Cowboys. A seguire i francesi (con 
				elementi inglesi pero’) Le Peuple De L’Herbe, hip hop dal 
				sapore europeo, fatto discretamente, buono per ballare. 
				Cibelle, che di cognome fa Cavalli, viene dal Brasile, e’ 
				anche carina, ha una discreta voce, ma piu’ che trip-hop fa 
				sleep-hop. La presentano come una bomba, ma mi rendero’ conto 
				che spesso e’ per dovere di ospitalita’. Cala il buio, e 
				arrivano i Soulwax, dal Belgio. Su cd non mi hanno 
				convinto ancora, e invece da questa sera mi considero loro fan. 
				Un set infuocato, devastante, rovinandovi la sopresa vi dico 
				gia’ da adesso che risultano vincitori della mia personalissima 
				classifica di questi tre giorni di Arezzo Wave. Cantano un pezzo 
				con la tastierista/cantante degli LCD, e chiudono il set con la 
				cover di Allen’s Wrench dei Kyuss, impressionandomi 
				davvero molto. Sono tutto quello che i Subsonica non 
				possono essere e non saranno mai, hanno quello che manca ai 
				Chemical Brothers per entrare nel cuore dei rockers. 
				
				
				Difficile suonare e risultare interessanti dopo un set del 
				genere. E purtroppo tocca ai The Kills, una di quelle 
				band a mio parere davvero troppo sopravvalutata. Si sente che 
				hanno scritto canzoni piu’ accattivanti col nuovo disco, lei e’ 
				carina e sensuale, voce sexy e movenze adatte, ma dopo un po’ 
				non se ne puo’ piu’. 
				
				
				Chiudono la serata gli LCD Soundsystem, e, sempre a parer 
				mio, anche questa e’ una band sopravvalutata. Grande hype, ma in 
				definitiva sono i Talking Heads remixati. Se non sbaglio, 
				infatti, nella scaletta c’e’ pure una cover dei TH. 
				
				
				La serata per molti continua all’electro wave. Io non ho il 
				fisico. A domani. Dal mio albergo si sente tump-tump ma mi 
				addormento ugualmente. 
				
				
				Sabato 16 
				
				
				Mi perdo gli Eterea: dai, troppo presto! Arrivo allo wake 
				up stage mentre suona Mauro Petri e la sua band. Reggae 
				pugliese. Mentre finisce il set, vado a fare colazione. Torno ed 
				e’ la volta di Rodolfo Montuoso e la sua band. Una specie 
				di La Crus con influenze etniche, ma la voce proprio non 
				va. Si va verso mezzogiorno con i Poa che sfoggiano un 
				grunge style decente; Stone Temple Pilots, Alice In Chains, 
				Soundgarden si sentono. Sono poco mobili sul palco. Il clou 
				della mattinata sono gli Offlaga Disco Pax di Reggio 
				Emilia. Se ne fa un gran parlare, in effetti il loro esordio 
				‘’Socialismo Tascabile (Prove tecniche di trasmissione)’’ e’ un 
				disco ben fatto e molto divertente, con un retrogusto amaro. 
				Snocciolano Kappler, mentre Max, il cantante (forse 
				sarebbe meglio definirlo lo speaker), distribuisce volantini, 
				Cinnamon mentre dona chewingum, Tono metallico standard, 
				Enver (‘’un brano sul fattore C’’), Piccola Pietroburgo 
				(‘’voi potete anche chiamarla Piccola Leningrado’’), Tatranky 
				(lancia confezioni, appunto, di wafer Tatranky. Un loro amico, 
				alla mia domanda ‘’Ma mica li lancia sempre, senno’ gli tocca 
				andare a Praga ogni poco a ricomprarli’’ risponde ‘’Li lancia 
				sempre, ma non pensavano di suonare cosi’ tanto in giro. Ha 
				degli amici che vanno a Praga e glieli portano, ma sta pensando 
				di cominciare a comprarli su internet’’), e chiudono con 
				Robespierre. Che dire, e’ il gruppo del momento, inutile 
				girarci intorno. Arezzo Wave ha colto l’attimo male, in questo 
				caso. Meritavano il main stage. Mi sono, come si dice da noi, ‘’sciagattato’’ 
				dalle risate, ed ho molto apprezzato il set. Bravi. 
				
				
				Si riprende dopo pranzo, alle 14,45 in punto, con i Planet 
				Brain, dopo che il DJ ha passato i Kula Shaker, e 
				sembra quasi una premonizione. Ricordano loro, e anche i Muse, 
				i Placebo e, in qualche modo, i Pearl Jam. Dopo, 
				un set per il quale sono molto curioso. Miss Violetta 
				Beauregarde, sola con un campionatore, strilla nel microfono 
				per i suoi 20 minuti. Saro’ onesto: la sua musica non mi piace, 
				ma devo ammettere che e’ la cosa piu’ punk che ho sentito negli 
				ultimi anni. Davvero punk. Elettronico, s’intende, ma punk. 
				Esperienza strana, ascoltarla incastrata tra la band precedente 
				e i seguenti Thepublic: ancora Muse, Placebo, un 
				po’ di punk rock felice. Il DJ appena finiscono il loro set 
				mette i Placebo e io e uno sconosciuto con il quale avevo 
				scambiato dei pareri proprio su questo, ci guardiamo sconvolti: 
				ma allora lo fa apposta! Inversione di scaletta in dirittura 
				d’arrivo: sale sul palco Ali De Siati. Ex VJ di MTV, ex 
				cantante dei Foghenaist, e’ pugliese ma vive a Londra da 
				10 anni e, diciamolo, per questo se la tira un bel po’. Non e’ 
				cosi’ che si fa, Ali. Ce lo fa proprio pesare. Suona un rock 
				acustico che al massimo ricorda Meredith Brooks (e 
				infatti apre con un pezzo che dice un milione di volte ‘’I’m a 
				bitch’’). L’inversione di scaletta (meno male) e’ stata fatta 
				per lasciare per ultimi i Marta sui tubi. Li avevo visti 
				oltre un anno e mezzo fa, e da allora hanno fatto strada. Mi 
				erano piaciuti allora, adesso di piu’. Sono divertenti, etnici, 
				romantici italiani (citano Nico Fidenco e la sua 
				Legata a un granello di sabbia splendidamente), sono 
				progressive, sono esageratamente tecnici. Sono in tre. Voce, 
				chitarra acustica e cori, batteria. Sono il futuro. Intanto, 
				sono le 18, e si va allo stadio. 
				
				
				Aprono i Dead Models, autori di 15 minuti di rock 
				energico, arrabbiato e urlato. Dopo di loro gli Yumi Yumi 
				dal giappone, e vorremmo essere altrove. Si capisce che, come 
				dira’ poi la cantante/chitarrista all’insopportabile Mixo (meno 
				male che quest’anno gli hanno affiancato la Maugeri) nelle 
				interviste post concerto, la loro influenza principale sono i 
				Ramones, ma il risultato e’ un punk rock leggerissimo e, per 
				di piu’, con la drum machine. Va un po’ meglio con i brasiliani
				Instituto, un collettivo etno-rap colorato e urlante. 
				Mentre cala il sole ecco Vic Thrill & The Saturn Missile. 
				A parte il fatto che vanno ormai di moda le band duo piu’ drum 
				machine e/o campionatore, possiamo dire che Vic e’ un 
				personaggio simpatico, e che la loro musica sembra un po’ quella 
				dei Blues Explosion mixata con quella di Rocky Roberts. 
				Lui si definisce surf music elettronica, e ci puo’ stare. Cita
				Talking Heads e Aphex Twin, ci sta meno, ma in 
				effetti la loro musica e’ un bel minestrone. 
				
				
				Il set seguente e’ quello di Rebekka Bakken. Presentata 
				come una voce straordinaria dalla Norvegia eccetera eccetera, mi 
				aspetto chissa’ cosa, e mi ritrovo a chiedere a me stesso cosa 
				ci faccia la nuova Celine Dion sul palco di Arezzo Wave. 
				Non mi rispondo e vado avanti, mi consola il fatto che Rebekka 
				e’ una sventola da paura, anche se una norvegese col cappello e 
				gli stivali da cowboy doveva insospettirmi appena arrivata sul 
				palco. Adesso ci sono i Negramaro, che sono proprio come 
				me li aspettavo. Bravini, ruffiani quanto basta, un po’ piu’ 
				ruvidi che su disco, abbastanza rock per poter stare su un palco 
				cosi’, col cantante che tiene bene il palco e la gente che canta 
				le canzoni a memoria. Diciamo che e’ colpa mia se non mi 
				piacciono tanto dai. Chiude la serata Antony And The Johnsons. 
				Quello che dovevo dire su di lui, l’ho gia’ detto in occasione 
				del concerto di Sarzana, Questa sera posso aggiungere che una 
				buona parte del pubblico non lo capisce proprio, ma gli 
				aficionados che stanno vicino al palco rendono meno timido 
				Antony, che scherza e interagisce di piu’, ringrazia per ‘’il 
				lavoro fatto’’ sulla ‘’sperimentale’’ Dust And Water, e 
				ci chiama amici. Toccante anche stasera, anche se ovviamente un 
				grande palco e un grande spazio come uno stadio non sono la sua 
				dimensione ideale. In effetti, ad essere onesti gli spettatori 
				non sono moltissimi. L’importante e’ la diversita’, e qui ci sta 
				bene. A domani. 
				
				
				Domenica 17 
				
				
				Oggi solo main stage. E’ il Tora! Tora! Si comincia con i 
				Vina3, buona intensita’ per i 15 minuti di rito dell’opener. 
				Si va avanti con i Franklin Delano, molto psichedelici. 
				Inversione di scaletta, gli Après La Classe suonano 
				prima. Continuano a non piacermi, e non so che farci. Hanno un 
				buon seguito, ma di questa roba ne sentiamo in quantita’, e 
				suona spesso tutta uguale. La ‘’punkchanka’’. Mah. Suonano dopo 
				di loro, ma in scaletta erano prima, i Perturbazione. 
				Ecco, diciamo che riescono nell’impresa di far sembrare i 
				Negramaro un gruppo metal. Comparsata di Paolo Benvegnù 
				alla chitarra su un pezzo. Il cantante scende tra il pubblico 
				per l’ultima canzone. I suoi monologhi sono curiosi e 
				divertenti. Ma la sostanza e’ leggerissima. Discorso totalmente 
				diverso con gli One Dimensional Man. Son rocciosi, e 
				continuano a ricordarmi i Primus meno sofisticati. Le 
				chiacchere del cantante sono puro cabaret nonsense. A parte i 
				discorsi, spaccano. Giuliano Palma & The Bluebeaters 
				aprono con See You Tonite di Gene Simmons e per un 
				vecchio Kissomane e’ una delizia. Son bravi si, tutti quanti si 
				muovono, tutti quanti apprezzano. Pero’, Giuliano, perche’ cazzo 
				non stai piu’ con i Casino Royale? C’e’ anche Bunna, e fa 
				piacere. Stop. Il set seguente e’ dei Song With Other 
				Strangers. Hugo Race, John Parish, Marta Collica, Cesare 
				Basile, Jean Marc Butty, Stef Kamil Carlens, Giorgia Poli e 
				l’apparizione di Manuel Agnelli (per Tutto fa un po’ male 
				e i restanti pezzi dopo). Tanto di cappello a chi e’ riuscito a 
				dare vita ad una cosa del genere, roba che di solito accade 
				all’estero, bei pezzi, rarefatti, scambi di strumenti, ma 
				tensione che cala un po’ ovunque, e l’ora che si fa tarda, 
				aspettando gli Headliner. Afterhours, proprio loro. 
				Rischio di sovraesposizione a livello italiano, a meno che tu 
				non sia un die-hard fan. Si apre un po’ a sorpresa, con Down 
				On The Street degli Stooges, pezzo che ultimamente fanno nei 
				bis (da qui la sopresa), poi si va avanti con pezzi dall’ultimo 
				disco. I suoni sono ottimi, e i pezzi dal nuovo, stranamente, 
				sono riarrangiati, alcuni addirittura stravolti. Rendono bene, 
				benissimo, ma mi rendo conto finalmente che sono leggeri. E dire 
				che c’e’ ancora chi non digerisce ‘’Non e’ per sempre’’. Manuel 
				stecca clamorosamente per due volte su Ballata per la mia 
				piccola iena. Piu’ che stecche vere e proprie, sono sbagli 
				di impostazione del tono su alcune variazioni. Succede. Non a 
				tutti, ma succede. Per il resto pero’, mi sembra in palla, e 
				come sempre non si risparmia proprio, specialmente con la voce. 
				Certo che, perdonatemi alcune considerazioni, e’ un personaggio 
				quantomeno curioso Manuel Agnelli; ma si, parliamone, in fondo 
				gli Afterhours sono lui. Si lamenta per la troppa luce 
				sul palco, e poi ha l’asta del microfono luminosa, sembra un 
				neon. Questo e’ un vezzo paragonabile all’asta disegnata da 
				Giger di Johnatan Davis dei Korn! ‘’Rinnega’’ ‘’Non e’ 
				per sempre’’ (ancora una volta nessun pezzo), e poi esegue 
				Non sono immaginario acustica, in versione accendino 
				(passati i tempi in cui gli sentii dire ‘’Se qualcuno alza 
				l’accendino scendo e glielo infilo su per il culo’’). Si scusa 
				per i problemi di voce, mettendoci dentro la fatica di 
				organizzare il Tora! Tora! (ma….oggi non e’ all’interno di un 
				festival oliatissimo?), evidentemente si e’ reso conto di quello 
				che ha fatto su Ballata, prima di cantare benissimo 
				Sui giovani d’oggi ci scatarro su (che, come sempre, mi 
				manda al manicomio, sia per il concetto che per l’esecuzione); 
				ma questa cosa la mette sul ridere, e poi, verso la fine del set 
				(non per essere cattivi, ma e’ forse il momento piu’ bello), 
				lascia il microfono a Dario per fargli cantare Dea 
				coadiuvato ai cori da Andrea (mi viene in mente quando, ad un 
				centro punto della carriera, James Hetfield, dal vivo, comincio’ 
				a far cantare Seek And Destroy e Whiplash a Jason 
				Newsted, perdonate i ricordi da metallaro); a seguire, Manuel 
				riprende saldamente il microfono per una splendida versione di
				Strategie. Si chiude con un unico bis, una Bye bye 
				Bombay non particolarmente brillante nell’esecuzione e 
				nell’arrangiamento. 
				
				
				In definitiva, gli Afterhours volano alto. E Arezzo Wave 
				Love Festival finisce anche per quest’anno piuttosto 
				gloriosamente. Al 2006 e grazie di tutto. 
				
				di: 
                  Ale  |