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Stephen Glass fu protagonista nel 1998 negli USA di un caso
giornalistico clamoroso; autore di articoli molto apprezzati,
collaboratore di Rolling Stone, George, Harper's e soprattutto
del New Republic (la rivista ufficiale dell'Air Force One, come
si dice negli USA), simpatico, divertente, affabile,
conquistatore di colleghi con la sua gentilezza e disponibilità
squisita; si scoprì, in seguito ad un suo articolo su un hacker,
che dopo aver scardinato il sito di un grande gruppo informatico
veniva assunto dallo stesso, inventore della quasi totalità dei
suoi pezzi.
Film dall'incedere lento, che si rivela interessante e godibile,
grazie alla regia del debuttante Ray (finora sceneggiatore), che
non giudica il personaggio, ma ricostruisce minuziosamente la
storia e l'ambiente (per la sceneggiatura si è avvalso di alcuni
personaggi veri della storia), e alle interpretazioni, misurate
dei non protagonisti (numerosi, giovani e interessanti), mirate
quelle dei due protagonisti (Christensen e Sarsgaard).
Il tutto, alla fine, dipinge un ritratto impietoso di Glass,
meschino e schiavo dell'arrivismo, al punto da far sospettare
una patologia psicotica, ma senza mai renderlo antipatico allo
spettatore; agghiacciante ancor di più, alla luce del fatto che
ha fatto i miliardi scrivendo poi un best-seller sulla sua
storia.
Impressionante davvero il fatto che Glass usasse la sua
gentilezza per un piano a lunga scadenza. Da notare, ancora una
volta, l'impatto perduto del titolo nella traduzione;
l'originale, Shattered Glass, gioca col cognome del protagonista
e il suo significato, vetro, indicandone la rottura.
Per essere un prodotto americano, conserva i canoni estetici
medi ma abbassa i toni ed alza i contenuti. Consigliato.
di:
Ale
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