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Aggiornamento: 15-05-05

Indice Recensioni

 

L'amore fatale

Be Cool

Saimir

Le Crociate

Non Aver Paura

Cuore Sacro

Heimat 3

Hotel Rwanda

Il Mercante di Venezia

La vita è un miracolo

Mi presenti i tuoi

Provincia Meccanica

The Assassination

Una lunga domenica di passioni

Elektra

The Aviator

NeverLand

Ma Quando Arrivano Le Ragazze

The Woodsman

La Foresta dei Pugnali Volanti

Volevo Solo Dormirle Addosso

36

Nicotina

Natural City

Ray

Alla Luce Del Sole

Alexander

Exils

Melinda & Melinda

Oceans Twelve

La Spettatrice

Confidenze troppo intime

Un Bacio Appassionato

Che pasticcio Bridget Jones

Spartan

Saw

Private

Isola

Grudge

Tu la conosci Claudia

The Corporation

Maria Full of Grace

La Ragazza della porta Accanto

La Nina Santa

Inventore di Favole

Ferro 3

Eros

Donnie Darko

Closer

Camminando sull'Acqua

Se mi lasci ti cancello

I Robot

Lei Mi Odia

Jersey Girl

The Village

2046

Les Choristes

Cosi' Fan Tutti

Il Segreto di Vera Drake

Piccoli Ladri

Te lo Leggo negli Occhi

La vita che vorrei

Le Conseguenze dell'amore

Open Water

La Terra Dell'Abbondanza

Mare Dentro

Ovunque Sei

Una Canzone per Bobby Long

Hero

La Mala Educatiòn

Lavorare Con Lentezza

Le Chiavi di Casa

Spiderman2

L'altro lato del Letto

Il Tempo dei Lupi

Primavera, estate, autunno, inverno...e ancora primavera

CatWoman

LadyKillers

Kamchatka

Out Of Time

La Casa dei 1000 Corpi

Ma Mère

Jagoda: fragole al supermarket

El abrazo partido - L'abbraccio Perduto

Indirizzo Sconosciuto

The Day After Tomorrow

Wild-Side

Dolls

La-Donna-Perfetta

Angeli Ribelli

Certi Bambini

Bon voyage

Phone

Maghi e Viaggiatori

Il Servo Ungherese

La Grande Seduzione

Autoreverse

A/R Andata e Ritorno

Pontormo

Codice 46

I diari della Motocicletta

In My Country

Troy

Il Vestito della Sposa

Tu Mi Ami

Togheter with You

Una storia americana - di Andrew Jarecki

L'alba dei morti viventi - di Zack Snyder

Dopo Mezzanotte - di Davide Ferrario

Ti do i miei occhi - di Iciar Bollain

Ogni volta che te ne vai - di Davide Cocchi

Kill Bill Volume 2 - di Quentin Tarantino

Un film parlato - di Manoel De Oliveira

Secret window - di David Koepp

Fratelli per la pelle - di Bobby e Peter Farre

Evilenko - di David Grieco

Il siero della vanità - di Alex Infascelli

Che ne sarà di noi - di Giovanni Veronesi

Laurel Canyon - di Lisa Cholodenko

L'amore Ritorna - di Sergio Rubini

Le regole dell'attrazione - di Roger Avary

Le Cinque Variazioni - di Jorgen Leth e Lars Von Trier

... e alla Fine arriva Polly - di Noémie Lvovsky

Gothika - di Mathieu Kassovitz

I sentimenti - di Noémie Lvovsky

Chinese Odissey - di Jeff Lau

Non Ti Muovere - di Sergio Castellitto

Primo Amore -  di Matteo Garrone

Paycheck -  di John Woo

Mi piace Lavorare -  di Francesca Comencini

Racconti di cucina ; Kitchen Stories - di Bent Hamer

Dal Mali al Mississipi - di Martin Scorsese 

Ritorno a Cold Mountain - di Anthony Minghella

Oscure Presenze a Cold Creek - di Mike Figgis

Alexandra's Project - di Rolf De Heer

In America - di Jim Sheridan

Le valigie di Tulse Luper; la storia di Moab - di Peter Greenaway

Rosenstrasse - di Margarethe Von Trotta

La casa di sabbia e nebbia - di Vadim Perelman

Osama - di Siddiq Barmak

La Rivincita di Natale - di Pupi Avati

Underworld - di Len Wiseman

La giuria - di Gary Fleder

La mia vita Senza Me - di Isabel Coixet

Tutto puo' Succedere - di Nancy Meyers

Alle Cinque della Sera - di Samira Makhmalbaf

Abbasso l'amore - di Peyton Reed

Il Ritorno Del RE - di Peter Jackson

21 Grammi - di Alejandro González Iñárritu

Ultimo Samurai - di Edward Zwick

The Mother - di Roger Michell

A mia madre piacciono le donne - di Inés Paris e Daniela Fejerman

Alex & Emma - di Rob Reiner

Noi Albinoi - di Dagur Kàri

Master and Commander - di Peter Weir

C'era una volta in Messico - di Robert Rodriguez

Thirteen - 13 Anni - di Catherine Hardwicke

La Macchia Umana - di Robert Benton

Mona Lisa Smile - di Mike Newell

In the Cut - di Jane Campion

Le Invasioni Barbariche - di Denys Arcand

Vodka Lemon - di Hiner Saleem

Swimming Pool - di Ermanno Olmi

Lost in translation - di Sofia Coppola

La ragazza delle Balene - di Ermanno Olmi

Cantando dietro i paraventi - di Ermanno Olmi

Love Actually - di Richard Curtis

Kops - di Josef Fares

Ora o mai piu' - di Lucio Pellegrini

Matrix 3 - di Andy e Larry Wachowski

Dogville - di Lars Von Trier

Prima dammi un bacio - di Ambrogio Lo Giudice

Il ritorno - di Andrey Zvyagintsev

Mystic River - di Clint Eastwood

Caterina Va in città - di Paolo Virzì

Kill Bill - di Quentin Tarantino

Prima ti Sposo poi ti Rovino - di Joel Coen

Mio Cognato - di Alessandro Piva

The Dreamers - di Bernardo Bertolucci

Elephant - di Gus Van Sant

Anything Else - di Woody Allen

Il genio della truffa - di Ridley Scott

La Maledizione della Prima Luna - di Gore Verbinsky

Gente di Roma - di Ettore Scola

Piccoli affari sporchi - di Stephen Frears

Son Frére - di Patrice Chereau

Liberi - di Gianluca Maria Tavarelli

Terminator 3 - Le macchine ribelli - di Jonathan Mostow

Immagini/Imagining Argentina - di Christopher Hampton

Il miracolo - di Edoardo Winspeare

IL RITORNO DI CAGLIOSTRO - di Ciprì e Maresco

Buongiorno, Notte - di Marco Bellocchio

Segreti di Stato - di Paolo Benvenuti

La meglio gioventù - di Marco Tullio Giordana

And now...ladies & gentlemen - di Claude Lelouch

Roger Dodger - di Dylan Kidd

Body Snatch / Corps à corps - di Françosi Hanss e Arthur-Emmanuel Pierre

Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano - di François Dupeyron

Lost in La Mancha - di Keith Fulton e Louis Pepe

Confidence - di James Foley

The Pool - di Boris Von Sychowski

The Italian Job - di Gary Gray

Ken Park - di Larry Clark & Edward Lachman

Una settimana da Dio - di Tom Shadyac by Ale

Dogma - di Kevin Smith by Ale

28 Giorni Dopo - di Danny Boyle by Ale

Yossi & Jagger - di Eytan Foxim by Ale

The Soul of Man - di Wim Wenders by Ale

My Name is Tanino - di Paolo Virzi' by Ale

City of God - di Fernando Meirelles by Ale

B.B.& il cormorano - di E.Gabriellini by Ale

The Ring - di Gore Verbinski by Vale Dam

Ricordati di me - di G. Muccino by Vale Dam

Chicago - di Rob Marshall by Vale Dam

Sweet Sixteen -  di Ken Loach by Vale Dam

Io non Ho Paura  -  Gabriele Salvatores by Moma

Era mio padre -  Sam Mendes by Vale Dam

Ma che colpa abbiamo noi  -  Carlo Verdone by Vale Dam

Il Signore degli Anelli - Le due torri  - P. Jackson by Vale Dam

Mulholland drive  -  Lynch

L'uomo che non c'era  -  Coen

L' inverno  -  di  Francesco

Brucio Nel Vento  -  di  Francesco

Domani Lunedì  -  di  Francesco

Canicola  -  di  Simo

Il nostro matrimonio è in crisi  -  di  Vale Dam

In the mood for love  -  di  Francesco

Alì  -  di  Francesco

Il Signore degli Anelli  di  Vale Dam

From Hell -  La Vera Storia Di Jack lo Squartatore  di  Vale Dam

Y tu mama también - Anche tua madre - di Francesco

Il favoloso mondo di Amelie - di Francesco

La rentrée  - di Francesco

Luce dei miei occhi - di Francesco

The Others - di Vale

RAVANELLO PALLIDO - di Vale

Il Pianeta delle Scimmie - di Vale

 Vengo-Demone flamenco - di Francesco

Lista di attesa - di Francesco

27 Baci perduti  - di Francesco

Gohatto - di Francesco

Blow - di Vale

Il Mestiere delle Armi - di Francesco


 

Il genio della truffa
-
di Ridley Scott
- 2003

Ridley Scott continua a passare di genere in genere, e il risultato è la totale confusione (aggiungerei perdita di identità, ma mi allargherei, dato che ormai mi pare, nel suo caso, persa da tempo). Film che ci racconta la storia di questo truffatore interpretato magistralmente (e per me dire così è strano, a proposito di Cage) da Nicholas Cage, un tipo che pare avere più tic e fobie che medicine un ricettario, che nel bel mezzo di un "affare" scopre di avere una figlia di 14 anni. Sceneggiatura a "matrioska", con continui ribaltamenti e "colpi di scena"(modo di dire un po' forte per questo film), il film vivacchia fino ad un finale scontatissimo, e niente riesce a stimolare una visione più attenta nello spettatore. Ottimo, come sempre del resto, Sam Rockwell che interpreta il "socio" di Cage. Film mediocre.
 
Ale
 

La Maledizione della Prima Luna
- di Gore Verbinsky
- 2003

Premettendo che i puristi e gli intellettuali che vanno al cinema per vedere solo film d’essai (meglio se in lingua originale - taiwanese senza sottotitoli) rabbrividiranno a leggere questa recensione, ma “La maledizione della prima luna” è un film divertentissimo, che per una volta vale tutto il prezzo del biglietto.
Nonostante sia un blockbuster costato moltissimo e preceduto da un enorme battage pubblicitario, per lo spettatore seduto sulla poltroncina è come essere al luna park, e infatti il film è ispirato ad un’attrazione di Disneyworld intitolata appunto “Pirates of the Caribbean”. E il film funziona proprio in questo modo, divertendo ed incantando lo spettatore con una regia classicamente perfetta, con una fotografia eccellente, con la meravigliosa ambientazione caraibica e con i costosissimi effetti speciali.
Certamente questo film non è all’altezza dei capolavori del cinema ed è cosparso di difetti: il classico lieto fine hollywoodiano con tanto di bacio a picco sul mare tra la coppietta protagonista del film, uno scarso approfondimento psicologico dei personaggi, qualche incongruenza (la fanciulla rapita dai pirati che, una volta salita sulla loro nave, invece di tremare dalla paura comincia  a dare ordini a destra e a manca, neanche fosse un vecchio lupo di mare). Tutto questo però passa in secondo piano rispetto ad una storia divertente e piena di ritmo e di sorprese per lo spettatore, ed al totale disimpegno che è la vera forza di questo film. Se gli altri personaggi sono un po’ scialbi, e il bravo Geoffrey Rush forse non appare moltissimo brilla invece su tutto e tutti la stella di Johnny Depp, in una eccezionale interpretazione (da Oscar) del capitano Jack Sparrow. 
Depp è geniale e non appena entra in scena con le sue strane movenze e il suo look eccessivo, calamita l’attenzione dello spettatore, riuscendo però nello stesso tempo a mettersi al servizio della storia senza rubare la scena agli altri attori. 
Sue sono le battute più divertenti, suoi sono i momenti più ricchi di pathos del film, non manca una scena, riesce in pochi secondi a passare dal comico al drammatico.......insomma, la sua presenza e la sua recitazione nobilitano tutto il film e lo rendono unico.
 
Vale
 

Gente di Roma
- di Ettore Scola
- 2003

Dispiace parlar male di un film italiano, e soprattutto di un grande maestro come Scola, autore di capolavori quali “C’eravamo tanto amati” e “Una giornata particolare”, ma questo “Gente di Roma” non ha proprio scusanti. 
Cercando gli aspetti migliori del film dobbiamo dire che si salva proprio poco. Forma ibrida tra documentario, film a episodi, film verità, non si capisce dove il film vada veramente a parare. 
La cosa peggiore è sicuramente la scrittura (o meglio la non - scrittura) della sceneggiatura (perché c’è????), infatti dietro l’alibi di rappresentare un affresco della “città eterna” si susseguono in realtà una serie di quadretti che vanno dalla barzelletta recitata al patetico disoccupato che finge di andare al lavoro per non confessare la verità alla moglie, al razzismo (vero o presunto) dei romani nei confronti degli immigrati. Una fiera di luoghi comuni che, snocciolati così tutti insieme uno dopo l’altro, risultano estremamente stucchevoli. Si salvano sicuramente Valerio Mastrandrea e Salvatore Marino, anche se la seconda parte dello sketch si trascina un po’ stancamente nel corteggiamento del mollicone coatto, si salvano Fabio Ferrari e Arnoldo Foà, in un quadretto ironico e graffiante della vecchiaia, potrebbe essere più convincente la Impacciatore, che comunque mantiene sempre la sua solita simpatia. La partecipazione della Sandrelli è insulsa, era proprio necessario usare in quel modo un’attrice come lei? 
Ma questo è niente in confronto agli episodi più “agghiaccianti”: il cimitero con i morti che parlano, uno “Spoon River” del Tufello con un interlocutore che si rivolge direttamente al pubblico guardando in macchina (cos’è, una strizzata d’occhio immotivata a Godard?), e soprattutto la parte dei test sull’Alzheimer che dura tantissimo e fa venire i brividi. 
Anche tecnicamente si notano qua e là errori nel montaggio e sfuocature, e lo spettatore dopo un’ora e ventinove che sembra non finire mai non può non chiedersi se sia solo un brutto scherzo di uno dei più grandi registi italiani, che stavolta era in vena di burle.
 
Vale
 

Piccoli affari sporchi
- di Stephen Frears
- 2003

Buon film, quest'ultimo di Frears, che ci mostra uno spaccato della Londra contemporanea-"sotterranea", abitata e mossa da immigrati soprattutto clandestini, con uno sguardo esattamente a metà tra il cinema finto sporco di Guy Ritchie e il cinema militante di Ken Loach. Del resto però, non credo gliene possiamo fare una colpa, visto che, per raccontare le ingiustizie sociali e la disperazione di chi, pur di vivere degnamente, accetta di farsi togliere un rene, non è necessario essere minimali. 
L'importante è, come in questo caso, avvincere e interessare lo spettatore con una storia di ordinario sfruttamento messa sullo schermo con notevole eleganza. 
Buona la prova di tutto il cast; in gran forma Sergi Lopez nei panni dell'aguzzino, piacevole scoperta Chiwete Ejiofor protagonista maschile, leggermente a disagio ma non troppo nel ruolo semi-drammatico la faccina troppo dolce di Audrey Tautou.
Buona visione.
 
Ale
 

Son Frére 
- di Patrice Chereau
-2003

Ricordate "Intimacy"? Il regista è lo stesso.
Premesso ciò, questo film è solo ed esclusivamente per palati forti, fortissimi. La storia è quella di due fratelli che si ritrovano a causa della malattia semi-terminale del maggiore.
Il cinema di Chereau è fatto di corpi, o forse per i corpi. I sentimenti sono sottintesi, mentre ai corpi e allo spettatore non viene risparmiato niente.
Ai corpi perchè non sempre (quasi mai) sono belli, specialmente nelle circostanze della malattia.
Agli spettatori, in questo caso, cateteri, cicatrici, rasature pre-operatorie, emorragie....completano il quadro i genitori incapaci di accettare il tutto (così come l'omosessualità dell'altro figlio), la fidanzata che non ce la fa più, ed infine la complicità ritrovata con il fratello, vero protagonista.
Film duro, secco, vero.
Attori perfetti nel simulare quello che accadrebbe veramente in una situazione del genere.
 
Ale
 

Liberi
- di Gianluca Maria Tavarelli
-2003

Ancora un film che parla, o che comunque prende spunto, da un "dramma del lavoro"; preparatevi, perchè sarà un po' come con i film sull'Olocausto in passato e fino ai giorni nostri.
Prolifereranno. 
La riflessione che ne scaturisce è proprio questa : il dramma dei nostri tempi è la disoccupazione, il cambiamento drastico del "mercato del lavoro". Come nel film, i genitori diventano come bambini, e i figli si ritrovano a dover fare loro da genitori. 
E tutto questo perchè, in questo caso, causa stabilimento che chiude, un intero paese si ritrova catapultato tra i "lavoratori socialmente utili". Depressione, suicidio, disgregazione familiare, fanno da contrasto e sfondo alla voglia di vita del giovane protagonista, che, inerte spettatore all'inizio, si ritrova pedina fondamentale alla fine. Film acerbo per alcuni aspetti, leggero nell'affrontare le problematiche suddette, ma che aiuta ad inquadrare il problema.
 
Ale
 

Terminator 3 - le macchine ribelli
- di Jonathan Mostow

-2003

Potrei riassumervi il mio giudizio sul terzo atto della saga che ha sconvolto i parametri del cinema d'azione (forse l'unico caso dove il sequel è stato migliore del primo film), semplicemente dicendovi : primo tempo capolavoro, secondo tempo cagata. 
Il primo tempo è in sostanza fatto da 2 inseguimenti; il primo, con la terminatrix su una gru (stabilizzatori allargati e braccio che va da una parte all'altra con Schwarzy attaccato, a distruggere tutto quello che c'è ai bordi delle strade), è un capolavoro. 
Non vorrei scomodare paragoni mitici, ma mi è venuto a mente quello di "il braccio violento della legge". Il secondo tempo è come una gomma che si sgonfia lentamente; la trama è insipida, il finale insulso. 
Kristanna Loken, che interpreta la terminatrix, è perfetta per la parte : bellissima, fredda, spietata, robotica.
La scena del suo arrivo sulla terra ricorda il video di "thank you" della Morissette (naturalmente con un altro "physique"). 
Schwarzy semi-bollito, retto dalle battute, che, a dire la verità, non mancano (una su tutti "vaffanculo, brutto stronzo!!" "non sono programmato a tal fine"). In definitiva, bisognerebbe uscire a metà, per conservare un buon ricordo. 
PS. scrivetemi se, come me, uscirete dalla sala con la netta impressione che a Claire Danes abbiano allungato il naso.
 
Ale
 

Immagini / Imagining Argentina
- di Christopher Hampton

-2003

Per capire quanto sia malriuscito questo film, si dovrebbe vedere subito prima (o subito dopo) "Garage Olimpo" di Marco Bechis. 
Le nefandezze del regime argentino sono le stesse, ma il risultato è diametralmente opposto. La colpa è da imputare sia ad una sceneggiatura (basata addirittura su un libro....ma pensa te!?!?!?) che usa il pretesto un po' insulso della preveggenza del marito (Banderas), regista di teatro per bambini, al quale viene rapita prima la moglie (Thompson) giornalista, poi la figlia studentessa (pretesto insulso e, aggiungerei, quasi "offensivo" nei confronti dell'immensità della tragedia, purtroppo reale), sia ad una modestissima prova corale di recitazione di un po' tutto il cast, imputabile soprattutto al regista (su tutti uno scandaloso banderas, che non riesce mai e poi mai a risultare credibilmente addolorato o, almeno, un po' preoccupato, neppure quando un cane per poco non lo sbrana vivo). Storia d'amore che non prende mai allo stomaco, lieto fine non più stucchevole dell'intero film. 
Da dimenticare in fretta.
 
Ale
 

Il Miracolo
- di Edoardo Winspeare

-2003

Come spesso accade, la critica arriva prima del film (e anche su questo ci sarebbe da pensare...), e già si erano insinuati dubbi e stroncature sul nuovo lavoro di Winspeare.
Il "lavoro" duro, quando si è appassionati, è mettersi a sedere e dimenticarsi di tutto. 
Certo, questo film non è magari esaltante come il precedente "sangue vivo", però cribbio (come dice Silvio), ce ne fossero film così, no? Voglio dire, se il cinema è raccontare storie, questa è una storia e sta in piedi pure se gioca sulla credulonità (si dice??) degli italiani, e anche sulle loro problematiche "di sopravvivenza". 
Io l'ho letta come una richiesta di attenzione verso i bambini e gli adolescenti. Lo spaccato italiano, appunto, è ben fatto, il sud disegnato, credo, com'è. 
La disgregazione familiare, il tentativo di approfittare del bambino da ogni parte senza ritegno. Il dramma del bambino che non sa se si è suggestionato da solo oppure no (dopo un incidente, si convince di poter guarire e resuscitare le persone); il profondo, sincero dispiacere, quando si accorge di essere un bluff, ma non perchè volesse "essere qualcuno", solo perchè essendo altruista voleva "essere d'aiuto". 
Il miracolo vero, alla fine, quando salva Cinzia dalla sorsata di candeggina. 
Splendida cornice di una Taranto decadente, spettacolare la faccia del protagonista bambino.
 
Ale
 

Il Ritorno di Cagliostro
- di Cipri e Maresco

-2003

Film di Cipri' e Maresco che sicuramente tutti ricorderanno per le immagini surreali di "cinico tv", con questo film impegnati in concorso alla mostra del cinema di Venezia. Anche il film, una produzione cinico cinema segue le impronte di quei filmati dove attori sicilianissimi ,piu' o meno professionisti ,attraverso filmati stile documento amatoriale (girato in super8) vengono messi insieme da cipri' e maresco per dare vita a una pellicola esilarante e allo stesso tempo cinica come nel loro stile. Si parla di un'ipotetica casa di produzione cinematografica,la "trinacria production", che negli anni 50 sotto il patrocinio anonimo dell'uomo d'onore Lucky Luciano attraverso un improbabile produttore cardinale Vincenzo Sucato, produce film a dir poco assurdi, cosi' assurdi da avviare la "trinacria production" al fallimento...e a far ridere noi spettatori a piu' non posso! Uomini vestiti da madonne e improbabili marziani che entrano nelle case dalle finestre salendo con una "avveniristica" scala di legno, intrattengono i soliti 6 spettatori in una squallida sala di parrocchia siciliana,dove immancabile è il chirichetto della chiesa con arancino siciliano e/o cannolo... Dopo una serie di produzioni fallimentari, la salvezza della "Trinacria production" è tutta affidata ad un ultimo film "il ritorno di cagliostro". 
Per questo ultimo capolavoro viene inviato dal padrino Lucky Luciano una vera star hollywoodiana, nientemeno che l'attore, piu' conosciuto come interprete di Freddy Krougher, Herroll Duglas. Andate voi adesso al cinema a vedere che fine faranno fare alla tanto attesa star del cinema, perche' come è successo a me uscirete dalla sala con le lacrime agli occhi dal ridere...è un film ecezzionale...minchia due GGGENI!
 
Daria Busoni
 

Buongiorno, notte
- di Marco Bellocchio

-2003

Iniziamo con due considerazioni : 1) le polemiche, infantili a mio avviso, sulla non premiazione del film a Venezia, hanno fatto bene al film; la coda di martedì sera alla cassa del cinema dove l'ho visto è una chiara testimonianza a tal proposito. 2) prima di scrivere qualcosa sul film, ho voluto leggere le dichiarazioni "sdegnate e offese" della figlia di Moro a proposito del film in questione. E non le ho condivise. Certo, non ho il suo coinvolgimento emotivo nella vicenda. Detto questo, passiamo al film. 
La quantità di film su quel periodo della nostra storia contemporanea è impressionante, e dimostra quanta inquietudine ancora ci sia e venga richiamata dal solo ricordo; c'è chi sceglie di attenersi ai fatti, c'è chi prova a formulare ipotesi e teoremi ("piazza delle cinque lune"), anche interessanti; Bellocchio, ispirandosi liberamente al libro di Laura Braghetti, sceglie di filmare la storia del rapimento di Aldo Moro cercando il volto "umano" ed emozionale dei protagonisti. Ci riesce in parte, dato che non tutti i personaggi coinvolti riescono a trasmetterci le loro emozioni; sicuramente Chiara, alter ego della Faranda, interpretata dalla splendida Maya Sansa. L'elemento onirico gioca una parte fondamentale nel film; a tratti stucchevole (i sogni, ad occhi aperti, di Chiara), a tratti profondamente importante; la figura dell'interprete di Aldo Moro (non ci dimentichiamo, è cinema) che cammina, quasi con fare da bullo, nell'alba di Roma il giorno della sua esecuzione, fa del "finale alternativo" del film un momento quasi catartico.
In definitiva, non un film superlativo, ma che senz'altro da spunti di riflessione anche umana; non una accuratissima ricostruzione storica, ma senz'altro indovinata, presumibilmente, in alcuni frangenti, appunto, umani. Comunque sia, onore a Bellocchio per aver osato.
 
Ale
 

Segreti di Stato
- di Paolo Benvenuti
-2003

Chi conosce il cinema di Paolo Benvenuti, sa che cosa aspettarsi, mentre chi non ci ha mai avuto a che fare, probabilmente rischia di trovarsi spiazzato di fronte a un film che tratta un argomento interessantissimo (il processo per la strage di Portella della Ginestra, 1 maggio 1947, strage della quale fu accusato Salvatore Giuliano, nella quale morirono 11 manifestanti comunisti), ma lento, rarefatto, senza nessun tipo di azione, con una recitazione quasi teatrale, che in alcuni casi rasenta l'incapacità (chissà se è voluto il fatto che i cacciatori siciliani siano sardi..si capisce da come tentano di parlare il siciliano). Grande amante delle ricostruzioni storiche, questa volta si lancia anche in ipotesi, anche se, più o meno già espresse sia da storici che dalle sinistre. Il film nel suo complesso risulta comunque molto freddo; probabilmente quello che voleva, attenendosi scrupolosamente ai fatti. Ne emerge ancora una volta, una inquietante prospettiva, nella quale gli USA e il clero controllerebbero l'intera civiltà occidentale. Che abbia ragione? Raccomandato a chi ama, appunto, le ricostruzioni storico-contemporanee.
 
Ale
 

La meglio gioventù 
- di Marco Tullio Giordana
-2003

Una saga. Uno spaccato di storia italiana raccontata attraverso una classica famiglia italiana media. Una storia che può essere vera. Un gran bel lavoro. Usare la parola film può essere rischioso, per una cosa nata per la tv, lunga 6 ore, presentata al cinema in due atti da 3 ore l'uno. Dal 1966 a oggi; si usa dire, nel caso di film lunghi ma belli, che non annoiano. Sinceramente, in questo caso vorrei dire qualcosa di più, tipo che volevo non finisse più. Ma se fosse andato più in là sarebbe diventato fantascienza, quindi va bene così. Il primo atto getta le basi e ripercorre l'alluvione del 1966, le proteste studentesche del '68, gli scontri con la celere, la liberazione sessuale, la prima crisi industriale Fiat, l'avvento della lotta armata. Il secondo, pur continuando a raccontare, sterza sul sentimentale, entra dentro alle cose che ci fanno piangere di gioia e di rabbia, ci mostrano il bello e il brutto dell'Italia; gli si perdonano volentieri alcune forzature strappalacrime e altri intrecci troppo prevedibili ma funzionali al racconto (anche nella prima parte, la contrapposizione tra i due fratelli uno celerino, l'altro sessantottino). Una strepitosa prova corale anche degli attori, un film da rivedere con gioia anche quando la Rai si deciderà di passarlo.
Grande davvero (in tutti i sensi!!).
 
Ale
 

And now...ladies & gentlemen 
- di Claude Lelouch

-2003

2 storie diverse, quelle di una cantante francese e di un ladro gentiluomo inglese, accomunate dai sintomi di un tumore al cervello, si incrociano imporvvisamente e la loro vita prende una svolta decisiva.
Il film genera sensazioni contrastanti; ovviamente girato con maestria, divertente in molti siparietti, indovinato in ogni minima scelta dei (molti) personaggi, risoluta però anche ridondante, qualche inserto musicale di troppo, un finale un po' troppo generoso.
La paura della malattia e le diverse strade per fronteggiarla, portano forse ad una scelta del genere, per non dare troppa ragione all'una o all'altra strada, appunto.
Straordinaria Claudia Cardinale nei panni di una anziana e annoiata moglie di un ricco italiano perennemente in vacanza.
 
Ale
 

Roger Dodger 
-
di Dylan Kidd
-2003

Ve lo dico subito : questo è uno di quei film che a me piacciono molto.Un film dove si parla molto, ma mai a caso.
Il pretesto è l'iniziazione al sesso del nipote da parte di un pubblicitario NewYorkese, brillante ma appena scaricato dalla sua donna-capo.Dialoghi serrati, duri da seguire ma tutti importanti, regia mai scontata e decisiva, che ti fa sentire sempre in mezzo alla storia anche quando sceglie inusuali campi lunghi.
Buon cast, dove la mano del regista si sente : ricordate Elizabeth Berkeley, protagonista dell'orribile "Showgirls", probabilmente uno dei peggiori film degli ultimi 30 anni? Ebbene, qui risulta gradevolissima; misurazione con tutti gli altri, persino con l'assoluto protagonista Campbell Scott, che una volta per tutte ci ricorda che lui è questo, e non l'ultra-patetico malato terminale dell'altrettanto orribile "scelta d'amore".
Un gran bel film.
 
Ale
 

Body Snatch / Corps à corps
di Françosi Hanss e Arthur-Emmanuel Pierre
-2003

Uno psico-thriller francese; l'idea non sarebbe nemmeno male (un ex medico ricercatore cerca di far "rivivere" figlia e moglie in altri corpi), ma manca del tutto la suspense, e l'impressione è decisamente quella che gli autori di questo film si siano presi un po' troppo sul serio senza risultare convincenti.
Splendida Emmanuelle Seigner, molto meno l'altro protagonista Philippe Torreton.
 
Ale
 

Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano
di François Dupeyron
-2003

Se si va a vedere questo film caricati da tutta l'attesa che la stampa vi ha messo sopra, se ne esce delusi.
E' un film molto semplice, con una storia, tutto sommato, senza scossoni, anche se a raccontarla non sembrerebbe (famiglia disgregata, infanzia fra le battone, morte di un genitore...).
Forse, mi sono detto alla fine, il succo è tutto lì, nella semplicità dell' "arabo", nella sua assoluta mancanza d'ipocrisia, particolarità che lo fa entrare così bene in sintonia con il minorenne protagonista.
Forse un manuale per trattare con i giovani?
Non ne ha l'arroganza. Magari un piccolo suggerimento.
 
Ale
 

Lost in la Mancha
di Keith Fulton e Louis Pepe
-2003

Se ci pensate un momento, è meraviglioso : un film-documentario su un film mai terminato, e con pochissimo girato.
La storia, per chi non la conosce : Terry Gilliam da anni (più di 10 adesso) sta tentando di girare un film sul Don Chisciotte di Cervantes. 
Nel 2000 cominciò a girare in Spagna, ma la sfiga volle che la troupe fosse costretta a sospendere le riprese, mai più cominciate. Questo docu-film ci mostra come andò. Ma ci mostra anche la vera magia del cinema, oltre alla visionarietà di Gilliam. Per chi ama il cinema, direi che è un documento imperdibile. Conosciamo tutta la troupe, capiamo meglio i meccanismi di finanziamento e delle assicurazioni, comprendiamo che cosa sia la pre-produzione e quanto sia importante, vediamo dei dietro le quinte particolari, in maniera così nitida che arriverete a sospettare che Johnny Depp sia un cocainomane, ma vi convincerete che è un bravo attore (magari c'è ancora qualcuno che ne dubita..).
Oltre a questo, la storia di questo film mancato (che, in effetti, poteva essere un vero capolavoro) è piena di peripezie, quindi non annoia per niente, e diventa, soprattutto per chi ne sa poco, avvincente come e più di un film.
Perché come tutti sappiamo, la realtà supera sempre, e di gran lunga, la fantasia
 
Ale
 

Confidence
di James Foley
usa-2003

Nella tragica penuria d'uscite cinematografiche in questa estate 2003, un film senza troppe ambizioni come questo diventa importante come una secchiata d'acqua fresca addosso, in questo forno globale.
Cast variegato e ricchissimo, con veterani in piccole ma fondamentali parti (Dustin Hoffman, Andy Garcia), emergenti interessanti (Rachel Weisz, Edward Burns che assomiglia sempre di più pericolosamente, soprattutto nell'inespressività, a Ben Affleck...e pensare che è -era??- pure un buon regista!) e caratteristi fenomenali (Paul Giamatti su tutti), struttura a scatole cinesi e flashback, richiami vari (The Snatch, L'inglese ecc.), scorre ottimamente fino alla fine, stentando un po' nella seconda parte.
Si parla di gangster e di truffe.
Si può vedere.
 
Ale
 

The Pool
di Boris von Sychowski
-2003

La domanda, come diceva Lubrano, sorge spontanea, e come ha detto la persona che era con me al cinema a visionare il film in questione : “ma che glieli produce film così?”.
Per terminare il tourbillon di citazioni, come diceva il profeta di Quelo :“ la risposta è dentro di te. E purtroppo è sbajata!! ”.
Horror movie da campus americano, girato a Praga con cast tedesco (che però sembra americano, tutti carini e glabri i maschietti, tutte fighe le ragazze). Originalità zero. Dialoghi sotto terra. Suspense zero. Musica zero. Qualche accenno di risveglio dal torpore durante gli assassinii per alcune tecniche di “accoltellamento” particolarmente “fastidiose”.
Meglio gelato e passeggiata.

 

 
Ale
 

The Italian Job
di Gary Gray
Usa-2003

Pare sia una specie di remake di "un colpo all'italiana" del '69 (avete presente, a proposito, quel clip degli Stereophonics girato a Torino con l'inseguimento tra Mini-Minor e le Giulia della Polizia? È ispirato al film di oltre 30 anni fa). 
Cast importante (Charlize Theron, Mark Wahlberg, Ed Norton, Donald Sutherland) per un film assolutamente soporifero, dove i colpi di scena si susseguono solo per creare il pretesto di prolungare una pellicola della quale potevamo tranquillamente fare a meno. Ladri iper-specializzati e gentiluomini (non sparano - a parte qualcuno), hacker, esperti di esplosivi, cattivissimi malavitosi ucraini, ciccioni samoani, filosofia e psicologia spicciola applicata al crimine e ai rapporti familiari, filiali e interpersonali, il tutto mescolato in un calderone insensato. 
Risparmiate i soldi.

 

 
Ale
 

Ken Park
di Larry Clark & Edward Lachman
Usa-2003

A giudicarlo a freddo, il film ha anche un suo perché. Tutti i casini (diciamo pure in senso letterale), le perversioni, la disperazione, la mancanza di amore vero, di questa (come sicuramente di altre) provincia americana, forse, porta il Ken Park del titolo a fare quello che vediamo in apertura del film. Ma lì per lì, il tutto pare un po' una forzatura, uno di quei classici film nati per incassare con lo scandalo. Scene di nudo frontale e semi-porno (qui si va oltre, vediamo sessi in primo piano e pure un eiaculazione, farcita da semi-soffocamento, e le scopate non sono certo "in ombra") sono distribuite con generosità. 
Certo, lo stile delle inquadrature, alla ricerca del particolare non sempre morboso, ma funzionale alla disperazione della realtà narrata, fa intuire che si tratta di un'operazione tutto sommato onesta, anche se estremamente forte. 
Fate conto, che di tutti i personaggi, la più normale pare essere la mammina/barbie che, mentre la figlia adolescente è a scuola e l'altra, la piccola, è davanti al mega schermo tv che guarda la solita videocassetta (nella quale appaiono sempre gli stessi culi di donna), si scopa allegramente il fidanzatino della figlia grande (pur ammettendo di amare il marito) al piano di sopra. 
Se non ci si sdegna troppo, ci sono anche momenti di ilarità assoluta, con situazioni a dir poco grottesche. In definitiva, un film da palati forti ma da vedere; non ti apre la mente, ma gli occhi si. Anche se noi li abbiamo aperti da un po'..................

 
Ale
 

Una settimana da Dio
di Tom Shadyac
Usa-2003

Mi verrebbe da risolvere la questione con un semplice ma efficace "che tristezza!" ; invece, ci vuole impegno anche nelle negatività. È un peccato vedere un talento come Jim Carrey sprecato per film come questo, che, inalberandomi, potrei schematizzare con una prima parte fortemente diseducativa e un finalone buonista, pieno zeppo di stereotipi e luoghi comuni, situazioni prevedibilissime, citazioni ai limiti del ridicolo e gag che fanno molto ridere chi si accontenta.
Forse anche un po' autobiografico (Carrey deve essere proprio sfigato anche nella vita, se accetta copioni come questo), mi lascia l'impressione che Carrey sia costantemente sopra le righe (ma è il suo mestiere??), e che Jennifer Aniston abbia esaurito il suo campionario di faccine con "Friends" e le ripeta all'infinito (ma è il suo mestiere!!).
Film adatto a quelle persone come la spettatrice che occupava la poltroncina dietro la mia, che in tono saccente ha detto al marito all'apparizione (letteralmente) di Morgan Freeman (nei panni di Dio) : "bravo questo attore, Samuel L. Jackson".

Era quella che rideva più di tutti.

 
Ale
 

Dogma - 
di Kevin Smith
Usa-1999

Finalmente!!! Dopo oltre 3 anni, arriva anche in Italia il quarto lavoro di Kevin Smith (Clerks, In cerca di Amy), mentre la scorsa estate i mitici distributori italiani hanno castrato il suo quinto film, "le avventure di Jay e Silent Bob", uscito in luglio per un paio di giorni e subito ritirato. E ci torna il sorriso (intelligente)!! Con un cast importante (Ben Affleck, Matt Damon, Linda Fiorentino, Chris Rock, Salma Hayek, Alanis Morrisette in un cameo gustosissimo ecc.ecc.), il film sfoggia la solita grande ironia di Smith, con dialoghi brillanti e episodi grotteschi fino alla morte per risata (il mostro di merda è una vera chicca); due angeli "declassati" per una mancanza (Damon e Affleck), tentano di "recuperare" fermando una manovra contro la Chiesa, infrangendo però ancora un tabù, assumendo sembianze umane e scendendo sulla terra; da qui partono peripezie incredibili. Chissà perché, sono sempre stato convinto che il Papa non avrebbe mai permesso di vedere questo film in Italia, nonostante Smith si professi credente da sempre. Anche se la sceneggiatura si presenta apparentemente sconnessa, il film ha una sua logica e risulta spassosamente scorrevole, anche se non il migliore del regista, alias Silent Bob.

Da vedere assolutamente perché :
1) i film di Smith devono essere visti (recuperate in vhs anche"mallrats", il secondo)
2) per vedere come si può fare cinema quasi-blockbuster con intelligenza e ironia colta.

 
Ale
 

28 Giorni Dopo - 
di Danny Boyle
Eng-003

Ritorna l'eclettico Danny Boyle, e questa volta si cimenta con il genere "catastrofista". Lo fa alla sua maniera, ed il risultato è positivo. Incipit claustrofobico (liberazione di alcune scimmie cavie di laboratorio da parte di un commando animalista, che genera la diffusione immediata del terribile virus) e "risveglio" allucinante (un pony express si sveglia dal coma che gli ha nascosto l'accaduto, esce dall'ospedale e si ritrova a vagare in una Londra deserta, quasi una contraddizione in termini), avviano una prima parte ottima, che tiene assolutamente incollati alla poltroncina solo col terrore.Il richiamo palese al Romero de "la notte dei morti viventi" porta avanti la storia, insieme alla formazione di un gruppo di sopravvissuti al virus che si coalizzano verso una improbabile salvezza; le riprese in digitale e alcuni "inserti" visivi aiutano l'atmosfera.

Nella seconda parte, come sempre accade nelle storie, ma in particolare in quelle di questo tipo, la sceneggiatura si perde un po', cercando una strada per il finale; c'è tempo per creare una situazione "maschilista" e "militarizzata" disdicevole ma, chissà, veramente, come ci comporteremmo in un frangente del genere? Non si sale nella filosofia, ma il risultato e tutt'altro che da buttare.Da notare un'ottima soundtrack (Godspeed you black emperor, Grandaddy tra gli altri), il passaggio alla tecnica di ripresa "tradizionale" nell'ultima sequenza (quella, evidentemente, della rinascita della speranza), e, in coda ai titoli di coda, il ringraziamento ai vigili urbani di Londra per aver tenuto a bada il traffico!!

 
Ale
 

Yossi & Jagger - 
di Eytan Foxhe
2003

Gli argomenti ci sarebbero tutti per fare un film interessante : l'amore tra giovani in tutte le sue sfaccettature, in particolare l'amore gay dei 2 ragazzi del titolo, i contrasti sulla maniera di vivere la propria "diversità", l'esercito israeliano (tutti i ragazzi in questione sono, appunto, nell'esercito israeliano), le "scaramucce" continue con i palestinesi, quindi, in buona sostanza, la guerra.In effetti però, il film non convince.La prima parte sembra una puntata di "Mtv Undressed" ; schermaglie sentimentali all'interno di questa piccola "comunità" molto patinata, fin troppo bella, dove tutti si vogliono bene, dove perfino il colonnello, più anziano, che si sbatte una delle soldatesse, non è poi così odiato.Piatto e senza verve, buca lo schermo solo l'attrice che interpreta Yaeli (scusate, ho provato a leggere i titoli di coda, ma erano in ebraico...), innamorata senza speranza di Jagger, già vista in "matrimonio tardivo", una sorta di Liv Tyler prima maniera (prima della...cura ingrassante).Nel finale, la tragedia, che non riesce però a toccare gli animi fino in fondo.Lo schema era senz'altro di sfruttare il contrasto tra la "limpidezza" della parte introduttiva con la tragedia finale, ma non ha funzionato.
 
Ale
 

The soul of man-
L'a
nima di un uomo
di Wim Wenders
2003

Ogni musicista dovrebbe vedere questo film.Ogni persona che ama la musica dovrebbe vederlo.Perfino i veejay di Mtv dovrebbero vederlo.Wenders, dopo le ultime prove piuttosto opache, si riprende alla grande con questo docu-film sul blues, ma non solo.Un film di paralleli.Paralleli tra la musica di ieri e di oggi (le grandiose originali del narratore Blind Willie Johnson, del precursore Skip James e dell'innovatore JB Lenoir, riproposte da grandi quali Nick Cave, Jon Spencer Blues Explosion, Cassandra Wilson e un mucchio di altre figate), tra il blues "che parlava di storie personali, vissute" degli anni '30, e il blues con testi socialmente impegnati degli anni '60.C'è la controversa storia degli USA, vista attraverso le sofferenze dei neri, c'è M.L.King, il KKK, il rispetto per il passato come insegnamento che va evinto dai musicisti di oggi che, in maniere differenti, rileggono e fanno propria la tradizione blues in ogni tipo di musica moderna.La maestria nei primi piani sui volti sofferenti degli artisti e le accurate ricostruzioni storiche fanno il resto.Da vedere, anche perché come si fa ad amare il cinema e non la musica?Chi si alza e va via peste lo colga.......
 
Ale
 

My Name is Tanino
di Paolo Virzi'
Ita, 2003

Dopo oltre un anno, riusciamo a vedere sugli schermi l'ultima realizzazione del livornese Paolo Virzì, che nel frattempo sta per ultimare un altro film; come molti sapranno, "my name is Tanino" era rimasto bloccato dal crack Cecchi Gori.
Onestamente, questo non è il miglior film di Virzì; anche se offre momenti davvero esilaranti, il film, dopo una prima parte assolutamente scoppiettante, continua in maniera molto divertente ma si intuisce che non sa dove andare a parare.
Infatti, alla fine, ci si accorge che il percorso risulta troppo schizofrenico, che gli argomenti messi sul piatto sono stati molti (il rapporto con la madre e l'amante di lei, la vita nel piccolo paese Siciliano, la famiglia americana con i suoi scheletri nell'armadio, gli italiani all'estero, i politici americani), ma mai sviluppati fino in fondo, che gli stereotipi abbondano (i tassisti di New York - nessuno americano - , gli italo-americani mezzi mafiosi), e che la storia zoppica.
Sorge il dubbio che, portato ad esempio come uno dei pochi prosecutori della classica commedia all'italiana (si veda, tra l'altro, l'omaggio anche troppo palese a Sordi nella scena dal gesto dell'ombrello agli inseguitori), Virzì ci sguazzi dentro senza preoccuparsi troppo.
In effetti, come già detto, le risate sono tante, e non sempre (quasi mai) volgari.
In definitiva, siamo lontani dalla raffinatezza di alcuni prodotti esteri (sia chiaro, non americani!!), ma anche da vacanze di natale varie.Quindi, ben venga una serata "leggera" con gusto.Ottima prova di Corrado Fortuna, il protagonista, in questo momento sugli schermi anche con "Perduto Amor" di Franco Battiato, dove interpreta, appunto, il giovane Battiato.
  Ale

City of God
di Fernando Meirelles
Bra, 2003

Dopo lo sgomento iniziale (perché un film brasiliano, dal titolo Cidade de Deus, viene distribuito in Italia con la traduzione del titolo in inglese??), si entra nel mondo di una delle più grandi e decadenti favelas di Rio de Janeiro.
Ma ci si entra, non si sa come, perennemente col sorriso sulle labbra.
La forza del film di Fernando Meirelles è qui.Oltre 2 ore di violenza inaudita, assurda, senza censure di nessun tipo, senza tregua per lo spettatore impotente, senza alcun tentativo di giustificazione, affrontato con buonissime tecniche di ripresa, ottimi accorgimenti, e le immense facce del popolo delle favelas che parlano da sole.A pochi chilometri dal Paradiso, c'è l'Inferno in terra.Si viene avvolti dalla storia di questi personaggi, a cavallo degli anni 60-70-80, si diviene spettatori divertiti dalle situazioni anche grottesche della storia, si ride delle battute divertenti e grossolane, mentre la violenza ti scorre addosso, senza motivo, ma onnipresente.
E quando, sui titoli di coda, appare la scritta "tratto da una storia vera", ti trovi a domandarti "com'è possibile tutto questo?".

Ps : il film è tratto dall'omonimo libro di Paulo Lins.

  Ale

B.B.& il Cormorano
di E.Gabriellini

Ita, 2003

Ricordate "Ovosodo" di Virzì? E il protagonista, Edoardo Gabbriellini? Il livornesissimo Gabbriellini pare si sia montato la testa, e chissà, forse qualche motivo valido ce l'ha. 
B.B.& il cormorano (BB sta per Bugs Bunny, che appare sulla federa del cuscino usato dal personaggio di Mario l'idraulico, interpretato da Gabbriellini stesso) è il suo primo film da regista, ed è un film lieve e onirico, vagamente felliniano e, strano a dirsi e a sentirlo, delicatissimo anche se i personaggi sono quasi tutti livornesi schietti, e quindi pesi nel linguaggio come una carriola di cemento.Tutto girato tra Livorno e Pisa (il porto di Livorno, l'aeroporto di Pisa, il litorale tra i due capoluoghi toscani così vicini da toccarsi e da odiarsi di conseguenza), in scenari così poco belli ma così veri, e con dialoghi così normali ma cosi buffi, il film è forse uno dei pochi prodotti italiani che si avvicina a quel cinema "etnico" tipico della ex Unione Sovietica.

Si ride davanti alle storie strampalate di questi personaggi ai confini della realtà nei film, ma tanto simili alla gente comune, e ci si ritrova a sperare che la storia d'amore tra Gaia e Mario decolli, perché poi, tutto il resto, i debiti, il lavoro, la pazzia, non conta.
Sullo stesso piano c'è solo un'altra cosa.
Il sogno.

  Ale

The Ring
di Gore Verbinski
Usa, 2003

Il grandissimo successo giapponese della saga di "Ringu", tratta da un fumetto del Sol Levante, che annovera vari sequel e un prequel, sbarca negli USA, paese che approfitta spesso dei successi europei o orientali per mettere su grandi produzioni rifacendo i film alla maniera hollywoodiana. Non ho visto l’originale giapponese, ma le incongruenze nella storia, cioè quelli che vengono volgarmente definiti "i buchi" di sceneggiatura sono certamente da imputare alla trasposizione della vicenda. Il film è un horror godibile, che in generale non fa molta paura, ma che offre alcuni momenti di suspence e soprattutto, la cui sceneggiatura non è banale e scontata, ma imprevedibile. Il merito del film è quindi quello di impedire che lo spettatore sappia già tutto quello che c’è da sapere dopo i primi cinque minuti di film, ma la trama si dipana lentamente, in maniera intelligente e niente (o quasi) è come sembra. Ma veniamo ai difetti, che forse possono essere ricondotti ad un’unica questione di fondo. Il film è tutto giocato su un sottofondo cultural-filosofico di stampo prettamente orientale. In Giappone Samara è una piccola eroina, perché i bambini sono spesso associati con qualcosa di malefico ed inquietante, la fede nel mondo degli spiriti è fortemente radicata nella vita quotidiana di una civiltà spirituale e "Ringu" si nutre di questo background, che poco ha a che vedere con la mentale occidentale materialista, logica e pragmatica. Lo spettatore comincia allora a chiedersi perché (una serie di perché ci viene alla mente durante tutto il film!!!) e nessuna risposta logica è pienamente soddisfacente. Non resta che gustarsi il film, godibilissimo, e le trovate felici senza porsi troppi problemi!

  Vale Dam

Ricordati di Me
di Gabriele Muccino
Ita, 2003

Dopo lo strepitoso successo (per altro ampiamente meritato) de "L’ultimo bacio", Gabriele Muccino torna con un film più maturo e complesso. Alle "voci contro" che lo accusano di essere un autore generazionale, capace solo di occuparsi di problematiche giovanili, stavolta Muccino risponde con un film che si concentra sulla disgregazione del nucleo familiare. Il fuoco che cova sotto la cenere è alimentato da svariati sentimenti che appartengono ad ogni famiglia, rabbia, frustrazione, nostalgia… La frustrazione di una madre (Laura Morante) costretta a rinunciare al sogno di recitare per star dietro alla famiglia; la rabbia di un padre (Fabrizio Bentivoglio) che nasconde un sogno (un romanzo) nel cassetto, ma che non ha abbastanza fiducia in se stesso, e forse neanche talento, per tentare la carriera di scrittore; l’incertezza di un adolescente (Silvio Muccino) che non sa bene chi è e cosa vuole; la mancanza di scrupoli e morale della sorella (Nicoletta Romanoff) che, al contrario, pur di ottenere quello che vuole passa sopra a tutto. La scintilla esplode quando il padre incontra la procace fidanzata dei tempi del liceo (Monica Bellucci) anche lei in crisi matrimoniale e nasce una relazione adulterina che rimane segreta per pochissimo, anzi, viene addirittura usata come arma, come minaccia, un ricatto morale in cui il padre cerca una giustificazione per mollare tutto e per ricominciare. Mentre sembra che tutto stia per finire e che il crollo sia totale, con i quattro membri della famiglia che galleggiano alla deriva in direzioni differenti, tutti presi nel loro disperato ed egoistico desiderio di esistere, un doloroso imprevisto cambia nuovamente tutto (o forse no?). Un film asciutto, elegante, forse meno brioso e coinvolgente de "L’ultimo bacio", ma più incisivo e drammatico con quattro protagonisti eccezionalmente in parte, e la conferma definitiva che il cinema italiano ha guadagnato un nuovo talento. 

  Vale Dam

Chicago
di Rob Marshall
Usa, 2003

Un vero e proprio divertissement, un musical ambientato nei ruggenti anni ’30 dove è il jazz a farla da padrone, con due protagoniste azzeccatissime a farla da padrone, Renée Zellwegger e Catherine Zeta-Jones che imperversano nei locali dell’epoca unite dal desiderio di fama e successo, ma anche dal fatto di essere due assassine, per amore e per gelosia, o solo per rabbia, ma comunque costrette ad attendere in carcere il loro destino. Un impetuoso avvocato (un Richard Gere istrionico che canta e balla) cerca di salvare le sue due protette innalzandole ai favori della cronaca; tra bugie e tradimenti spicca su tutto lo scintillio del costumi che si scuotono nell’ebrezza del charleston. Un film elegante e vivace che porta sullo schermo il musical di Bob Fosse senza tradirne la natura onirica, ma aggiungendo un tocco di modernità. Lontano dai barocchismi di "Moulin Rouge" ha però avuto la stessa sorte vincendo ben sei Oscar, tra cui quello per il miglior film e per la miglior attrice non protagonista (la Zeta-Jones). Vale Dam

 

  Vale Dam

Sweet Sixteen
di Ken Loach


Eng, 2003

Tra  poco Liam compira’ 16 anni proprio nel giorno in cui sua madre uscira’ di prigione ed il suo piu’ grande desiderio e’ che tutto vada bene, almeno questa volta, per lui, sua madre, sua sorella Chantelle ed il piccolo nipotino. Liam sogna di avere finalmente riunita intorno a se’ la famiglia che non ha mai avuto. Per prima cosa pero’ deve racimolare qualche soldo per comprare un prefabbricato sul fiume dove andare a vivere tutti insieme, ma non e’ cosa da poco per un adolescente dei quartieri popolari di Glasgow sempre senza un quattrino. Cosi’ i progetti ed i traffici in cui Liam ed i suoi amici si trovano coinvolti ben presto li cacciano in grossi guai.

Sweet Sixteen e’ il secondo film, dopo My name is Joe, di quella che diventera’, con la prossima pellicola, la “trilogia di Glasgow’’ di ken Loach. In questo film i rapporti interpersonali e familiari prendono il sopravvento sullo sfondo grigio ed umido di Glasgow non tralasciando, ovviamente, il fitto background sociopolitico presente in ogni film di Loach.

  Moma

 

IO NON HO PAURA 
di Gabriele Salvatores


ITA, 2003

Io Non ho paura. Tratto dal libro omonimo di N. ammanniti che ne ha curato la sceneggiatura

un po' stufa ed annoiata dalla sempre piu' folta e (ahime') sempre meno originale" vague "intellottualoide che popola le regie del panorama cinematografico italiano in questo momento (muccino insegna....), piu' convinta dal libro di ammanniti che dalle ultime opere di salvatores (che da "Sud"(compreso) non ha piu' azzeccato mezzo film) entro in sala.

Estate fine anni '70, sud, calabria, sole torrido e immensi campi di grano gialli come l'oro. Un gruppo di bambini gioca dopo una corsa in bici nelle campagne, tra loro c'e' michele, 9 anni, che cercando gli occhiali persi dalla sorellina presso un rudere abbandonato scopre, rinchiuso in un vecchio pozzo, un bambino piu' o meno della sua eta'.

Da qui prende il via l'intera storia, andando a trovare sempre piu' spesso il piccolo prigioniero nasce un'amicizia tra i due bambini e cosi' michele scopre che sono proprio gli adulti del suo piccolo paese a tenere l'amichetto segregato.

tra colpi di scena ed il susseguirsi di eventi che fanno trattenere il fiato, la storia si slega parallelamente fra la realta' semplice vista con gli occhi dei 9 anni e la realta' ignorante e disperata del "piccolo cosmo" che vi gira attorno.

Un vigoroso ritorno di salvatores ed una buona prova da sceneggiatore per ammanniti.

  Moma

ERA MIO PADRE – ROAD TO PERDITION di Sam Mendes

USA, 2003



"Era mio padre" è un film di una purezza formale e tematica quasi unica nel cinema contemporaneo. Opera seconda del regista di "American Beauty", fin dalle primissime immagini in cui la macchina da presa segue la bicicletta del piccolo Michael che attraversa le strade innevate, già si evidenzia quello che sarà il regime visivo del film. Ogni inquadratura, ogni immagine, ogni singolo dettaglio sono composti con l’eleganza di un quadro e supportati dalla sapienza di un montaggio efficace e raffinato. Il film rappresenta il cinema nella sua vera natura, quella cioè di narrazione attraverso le immagini; un film di silenzi quindi: il silenzio della neve che ricopre le strade della cittadina americana, i silenzi di un rapporto tra padre e figlio fatto di timorose occhiate dietro l’uscio socchiuso di una porta, i silenzi di un dolore troppo forte, di un viaggio che alla fine non conduce da nessuna parte, ma che rappresenta per il piccolo Michael la conquista di una maturità raggiunta troppo precocemente. Nessun dialogo superfluo quindi, ma i forti sentimenti che serpeggiano in questa storia epica nella sua semplicità trapelano da uno sguardo, da un gesto, dal taglio di un’inquadratura, da uno stacco su mani che si stringono nervosamente. Grandissima anche la recitazione di tutti gli attori, dal piccolo protagonista ad un Tom Hanks come non l’avevamo mai visto, chiuso e rigoroso nel dar vita ad un gangster drammaticamente votato all’onore ed alla vendetta, al vecchio Paul Newman tormentato nel suo cuore di padre di un figlio degenere. Su tutti gli attori brilla però il cameo del talentuoso Jude Law, che appare in scena una manciata di minuti catalizzando però l’attenzione del pubblico sul suo macabro killer-fotografo. "Era mio padre" rappresenta la bellezza del cinema nella sua essenza più pura, ed il gangster movie, genere codificato in modo rigoroso, valica i propri confini per divenire metafora del non detto, viaggio nel mondo interiore del protagonista e della riscoperta del legame col proprio padre.
  Vale Dam

MA CHE COLPA ABBIAMO NOI

Italia, 2002

di
Carlo Verdone

Dopo una serie di film "così così" Carlo Verdone torna a scavare nella vena malinconica che lo contraddistingue (anche nei film comici) e cerca di lasciarsi alle spalle le macchiette per andare a scavare nel malessere del quotidiano. Questo film ricorda molto "Compagni di scuola" per il lavoro con un gruppo di attori (per altro bravissimi e azzeccati nella parte) che conduce ad un film corale, anche se qui alle scene di gruppo si alternano le singole vicende dei "malati di vita" incapaci di reagire al quotidiano.

 Inoltre le emozioni che Verdone riesce nuovamente a trasmetterci mi ricordano più le atmosfere introspettive di "Al lupo al lupo". Sono molti i personaggi, ognuno con la propria nevrosi; tra questi spicca un Antonio Catania (veramente molto bravo) insonne perché la moglie lo ha lasciato dopo una scappatella, il quale riesce a dormire solo sui treni, Margherita Buy, che cerca invano l’amore, e Anita Caprioli che interpreta una studentessa bulimica. 

Verdone si ritaglia anche in questo film la parte dello sfigato un po’ patetico oppresso da un padre padrone direttore di una fabbrica dal cui controllo non riesce proprio a liberarsi e subisce un’umiliazione dopo l’altra, il fondo lo tocca proprio quando arriva suo figlio adolescente dall’Argentina, dove vive con la madre e viene subito scelto come erede della fabbrica, mentre il povero Carlo-Gegè resta solo a giocare alla playstation. Questo eterogeneo gruppo di malati, alla morte della psicologa, cerca di autogestirsi la terapia di gruppo, ma l’impresa si rivela catastrofica. 

Verdone decide però di lasciare aperta una porta alla speranza; la svolta sarà proprio il funerale dell’unico che aveva abbandonato la terapia dichiarandosi migliorato e che invece muore suicida. La notte del funerale sarà decisiva per tutti e nessuno sarà più quello di prima. Il regista prepara la riscossa finale per il suo antieroe Gegè che finalmente manda a quel paese il dispotico padre, e tutti i pazienti, chi più chi meno, trovano la propria strada: una tenera storia d’amore, come Chiara ed il misterioso Marco, o la conquista di un po’ di autostima. Il finale resta però aperto, Catania torna a dormire sui treni e Gegè parte per l’Argentina. Saranno tutti veramente guariti?

  Vale Dam

MA CHE COLPA ABBIAMO NOI

Italia, 2002

di
Carlo Verdone

Dopo una serie di film "così così" Carlo Verdone torna a scavare nella vena malinconica che lo contraddistingue (anche nei film comici) e cerca di lasciarsi alle spalle le macchiette per andare a scavare nel malessere del quotidiano. Questo film ricorda molto "Compagni di scuola" per il lavoro con un gruppo di attori (per altro bravissimi e azzeccati nella parte) che conduce ad un film corale, anche se qui alle scene di gruppo si alternano le singole vicende dei "malati di vita" incapaci di reagire al quotidiano.

 Inoltre le emozioni che Verdone riesce nuovamente a trasmetterci mi ricordano più le atmosfere introspettive di "Al lupo al lupo". Sono molti i personaggi, ognuno con la propria nevrosi; tra questi spicca un Antonio Catania (veramente molto bravo) insonne perché la moglie lo ha lasciato dopo una scappatella, il quale riesce a dormire solo sui treni, Margherita Buy, che cerca invano l’amore, e Anita Caprioli che interpreta una studentessa bulimica. 

Verdone si ritaglia anche in questo film la parte dello sfigato un po’ patetico oppresso da un padre padrone direttore di una fabbrica dal cui controllo non riesce proprio a liberarsi e subisce un’umiliazione dopo l’altra, il fondo lo tocca proprio quando arriva suo figlio adolescente dall’Argentina, dove vive con la madre e viene subito scelto come erede della fabbrica, mentre il povero Carlo-Gegè resta solo a giocare alla playstation. Questo eterogeneo gruppo di malati, alla morte della psicologa, cerca di autogestirsi la terapia di gruppo, ma l’impresa si rivela catastrofica. 

Verdone decide però di lasciare aperta una porta alla speranza; la svolta sarà proprio il funerale dell’unico che aveva abbandonato la terapia dichiarandosi migliorato e che invece muore suicida. La notte del funerale sarà decisiva per tutti e nessuno sarà più quello di prima. Il regista prepara la riscossa finale per il suo antieroe Gegè che finalmente manda a quel paese il dispotico padre, e tutti i pazienti, chi più chi meno, trovano la propria strada: una tenera storia d’amore, come Chiara ed il misterioso Marco, o la conquista di un po’ di autostima. Il finale resta però aperto, Catania torna a dormire sui treni e Gegè parte per l’Argentina. Saranno tutti veramente guariti?


  Vale Dam


Il Signore degli Anelli 
Le due torri
USA 2002

di
Peter Jackson

 

Dopo il primo episodio Frodo, Aragorn e gli altri componenti superstiti della "Compagnia dell’anello" sono tornati. La saga riprende esattamente dove li avevamo lasciati, perché Peter Jackson, rispettando fino in fondo l’opera di Tolkien, ha rinunciato a qualsiasi forma di riassunto della puntata precedente. Alla fine dei titoli di testa lo spettatore si trova così immediatamente risucchiato nel vortice di fuoco in cui lottano Gandalf e il Balrog; partecipa al tormento interiore di Frodo, il portatore dell’anello e del suo fido compagno Sam, ormai soli e sperduti in cerca del cancello di Mordor; stupito dell’immensa bellezza delle sterminate terre neozelandesi segue la corsa incessante di Aragorn, Legolas e Gimli alla ricerca dei loro piccoli amici Merry e Pipino rapiti dagli orchetti. Le tre ore del film scorrono tutte d’un fiato, tra la bellezza delle immagini e le alterne vicende dei nostri eroi impegnati su fronti diversi di una stessa battaglia, parte della lotta universale del bene contro il male. Qualche fan accanito di Tolkien potrebbe criticare le licenze poetiche rispetto alla saga, soprattutto nell’accostarsi alla delicata storia d’amore tra Aragorn e Arwen, la bella elfa che qui appare in brevi flashback e alla sfortunata Eowyn, che dovrà rassegnarsi e rinunciare al suo amore per l’eroe.

Ogni parziale "tradimento" però non può non essere perdonato di fronte alla perfezione con cui viene ricostruita la battaglia del Fosso di Helm che costringe lo spettatore col fiato sospeso per più di mezz’ora; migliaia di orchetti che assaltano la fortezza di re Theoden ricostruita con rigore filologico, ogni arma, ogni scudo, ogni costume forgiato alla perfezione, una serie continua di colpi di scena, senza dimenticare i tocchi di humor legati al buffo e coraggioso nano Gimli.

La meraviglia del digitale tocca però il culmine con la figura di Gollum – Smeagol, l’hobbit reso schiavo dal potere dell’anello che si è trasformato in una figura deforme e pietosa, schizofrenico esserino che diventa la guida di Frodo e Sam verso l’inferno di Mordor, talmente perfetto che il regista Jackson ha lanciato una provocazione: Gollum sarà la prima creatura digitale a vincere l’Oscar?

  Vale Dam


Mulholland drive


USA 2001

di
D. Lynch
Francia - USA 2001



Film di un' instostenibile e inutile complessità. Tutto buttato sul libero uso della cinepresa e della trama Lynch secondo me "c'ha perso iccapo" (come dicono a Empoli). 
Le protagoniste sono due belle gnocche, Laura Harring (belle mammelle) e Naomi Watts (anche se a me a un certo punto sembrano addirittura 3). 

Se il film fosse visto 16 volte se ne trarrebbero 16 diverse interpretazioni e questa indefinitezza è roba che nasce a monte secondo chi scrive; pare che il soggetto fosse destinato alla televisione e questa quindi ne sia una insoddisfacente riduzione (due ore e mezza). Cielo coperto, spalti semideserti.

  Simone


Ottimo film dei fratelli Coen premiato a Cannes 2001 con la miglior regia. Bianco e nero che racconta una storia Usa dgli anni '40. 
Lui (B.B: Thornton) è l'uomo che non c'è. Transita nella vita con l'inutilità di un sasso scagliato da un ponte e che alla fine impatta nell'acqua dove un bambino che fa il bagno scopre il cadavere di un uomo che è legato alla sua storia incolore. 
Questo vuol dire sedia elettrica. Ma l'uomo che non c'era, per tutti solo il Barbiere del villaggio, niente altro è che il prototipo anni '40 dell'uomo medio americano e oggi del mondo "che conta".

L'uomo che non c'era

USA 2001

di J.e E. Coen 

con B.B. Thornton, F. McDormand, J. Gandolfini 

Francesco


L' INVERNO

Italia 2001

di Nina Di Majo 

Con V. Bruni Tedeschi, V. Golino,
F. Gifuni, Y. Voyagis


Film della giovane napoletana che fotografa la classica coppia appartenente alla borghesia medio-alta. 
2 coppie. Una gallerista (Bruni Tedeschi) e uno scrittore (Gifuni), un industriale cinquantenne vecchio stampo (Voyagis) e una moglie casalinga che vuol tornare e torna al suo vecchio lavoro di traduttrice (Golino) Tutti specchi di quella povertà intima che contraddistingue i rappresentanti di questo strato della società. 
Gente che fa urletti quando si arrabbia, (ma cerca di non scomporsi mai troppo e se lo fa poi chiede scusa) e che va dall'analista o dal psichiatra e inizialmente se ne vergogna, ma poi dice "Mi rilassa parlare con lui.".
Mi spiego meglio, gente che si riempe di goccette di ansiolitico per dormire. 
Proprio una bella fauna! Gente che nella nostra società è presa discretamente in considerazione ma che in privato e nell'intimo è nullità; nullità spesso causata dalle tare che i facoltosi padri gli hanno lasciato. 
Il finale più ovvio sarebbe il suicidio dei quattro, ma solo la Bruni Tedeschi vede nubi scure innanzi a sé. E questo non vuol dire niente perché, sempre senza scomporsi, dopo la tempesta ci sarà il sole.
E in mezzo molti molti soldi da elargire all'analista di turno.

Francesco

BRUCIO NEL VENTO

Italia 2002

di S. Soldini 
con Ivan Franek, Barbara Lekusova, Caroline Baehr -Italia-Otar Iosseliani


Film di respiro europeo lontanissimo dall'attuale cinematografia nazionale asfittica. 
Selezionato per Berlino. La storia è tratta dal romanzo di Agota Kristof  "Ieri". Una fotografia con colori virati al grigio e al blu intenso dove i raggi di sole stampano fasci luminosi sul maxischermo bianco. Lui è un figlio di puttana che una notte accoltella l'uomo che la madre ama proprio nel letto di questa e poi fugge. Da allora in tutte le donne ricerca la bambina sua compagna di banco. Bambina che lui chiama "Line", diminutivo di Caroline. E Caroline un giorno riappare nella sua vita di operaio emigrato che sa scrivere poesie e romanzi sul suo diario esclusivamente con il lapis. Lui sa di amarla da sempre, lei inizialmente non accetta lo stesso sentimento perché già sposata con un ricercatore in Fisica e già madre. Ma la situazione pianpiano si risolve verso un loro definitivo ricongiungimento. I tre, lui lei e la bambina di lei, fuggono in Spagna e lasciano la scialba e cattiva Svizzera. 
Nel romanzo forse il finale più giusto e veritiero: i 2 si uccidono. 
Da vedere.

France


DOMANI LUNEDI'

Italia 2002

di Otar Iosseliani


Film vincitore dell'Orso d'argento per la miglior regia a Berlino. E' un film sulla fuga, sulla fuga che non porta a niente quando riconduce a casa. Il protagonista, saldatore in una fabbrica, non sopporta più la scialba routine quotidiana e decide di lasciare tutto (che ormai si è tramutato in niente) e incominciare a viaggiare per l'europa. Giunge a Venezia, spedisce cartoline dal Cairo e da Costantinopoli. Poi torna a casa. Ha incontrato gente come lui, con le sue stesse ambizioni svanite e con la stessa rassegnazione. 
Il destino non si può cambiare. Se decidi la fuga questa deve essere senza ritorno.

France


CANICOLA

Austria 2001 
di Ulrich Seidl
con M. Hotstatter, A. Mrva, E. Finsches


Una minorata mentale se ne va in giro per l'Austria in autostop, snervando chiunque le dia un passaggio con domande ripetitive e una curiosità morbosa. Ne approfitta un installatore di allarmi che, costretto a scovare chi ha graffiato le macchine più nuove e lussuose degli abitanti di un quartiere da lui "protetto". 
L'installatore ha bisogno di un colpevole. Sarà la ragazza minorata: la prende di nuovo con sé in auto, la convince ad entrare in una villetta a schiera disabitata, la rinchiude in una stanza (intanto lei continua a fare domande idiote e ripetitive su tutto quello che vede intorno). 
Saranno quindi convocati tutti gli abitanti del quartiere e uno a uno sfogheranno la loro rabbia contro la ragazza, chi picchiandola, chi inculandosela. La ritroveremo nell'ultima scena del film davanti a tre villette, al buio, a giocare perduta con le luci esterne automatizzate delle case che si accendono al passaggio di una persona.

Simo


IL NOSTRO MATRIMONIO E' IN CRISI 

Italia 2002 
di Antonio Albanese 


In tempi non sospetti quello di Albanese sarebbe sembrato più un film di fantascienza che non uno comico, ma oggi che le crisi esistenziali sono di moda e che essere semplicemente sani ed equilibrati è "volgare" questo film è uno specchio dei tempi, infatti la sceneggiatura oltre che ben scritta è attuale come poche.
Si ride tanto, tantissimo e per tutto il film, perché Albanese è irresistibile, mai troppo volgare e sempre intelligente, a sprazzi cita anche qualche suo vecchio personaggio (vedi Pierpiero), ma dietro la risata rimane la sensazione che in fondo quello che accade non è poi così assurdo... Basta pensare al santone del centro di autostima stellare, alla fine che fa e subito ci vengono in mente le vicende di cronaca dei vari maghi e truffatori che imperversano sui giornali negli ultimi tempi. 
Nell'epoca dello yoga e della new age la ricerca dell'io diventa lo scopo di un gruppo di personaggi eterogenei ed improbabili (ma non piu' di tanto) e soprattutto ampiamente benestanti che danno vita a gustose gag, ad incontri e scontri con il protagonista troppo "sano" e tra ninfomani, body massage, ippoterapia e preti che adottano cedri del Libano il film corre veloce verso il lieto fine...per questa volta! 
Lo stesso Albanese, intervenuto alla prima cecinese del film, ha sentito la necessità di giustificare lo stile registico minimalista perché per lui la macchina da presa è al servizio del comico e della comicità, ma in realtà nel mucchio dei comici che dirigono (troppi!!!) 
Albanese è uno dei pochi che sembra avere idea di cosa sia un'inquadratura!

Vale Dam


IN THE MOOD FOR LOVE (Huayang Nianhua) 

Hong Kong-Francia 2000 
di W. Kar-wai 
con Maggie Cheung, Tony Leung, Rebecca Pan, Lui Chun


Bella, veramente bella, storia sull'incapacità d'amare. E' un gran melodramma. Non essere tratti in inganno dal genere "Melodramma", che potrebbe far pensare a stucchevolezze e lacrimucce. 
Penso si tratti dell' ultimo capolavoro che il cinema mondiale ci dona! Ottimi attori, ottima fotografia, ottima colonna sonora. Ottimo W. Kar-wai. Grazie.

Francesco


ALI' 

di M. Mann con W. Smith  2002

Il film sul più grande atleta del secolo passato lascia delusi perché non c'è. Ci sono poche cose (che oggi sono ritenute giuste) urlate su una struttura da fiction. Le "poche cose urlate" sono 1) la renitenza alla leva per non aderire alla guerra del Vietnam (Alì dinanzi alle televisioni giustificò platealmente la sua scelta affermando che nessun vietcong lo aveva chiamato sporco negro, cosa che invece gli era successa nella sua città -Louisville in Kentucky- quando neocampione olimpico lo avevano cacciato da un locale per soli bianchi e 2) la discriminazione razziale statunitense. (Entrambi i punti gli hanno fatto rischiare il linciaggio morale e quello fisico se pensate alla situazione statunitense fra i '60-'70 dove uno sporco negro aveva il coraggio di sputare in faccia all'ordine costituito dai bianchi, biondi, protestanti o cattolici ma soprattutto conservatori e come tali KKK. (Oggi come va?) Il film si dipana dal 1964 al 1974. 10 anni di storia nella vita di Alì sono uno spazio siderale e comprimerlo in 2 ore e 40 minuti è una pazzia (uso un eufemismo!). In questa macedonia ci vogliono mettere anche un altro leader carismatico come Malcolm X e briciole di M.L. King e come potete intuire la macedonia si tramuta in frittata. Si notano scopiazzature da "Il più grande" film del 1976, autobiografia un po' faziosa di Alì e finanziata dai Black Muslins" e dall'ottimo documentario "When we where kings-Quando eravamo re " di Leon Gast che narra dell'incontro tra Alì e Foreman nello Zaire. (Vederlo per cercare di intuire cosa volle dire quel macth. Semplificando in termini calcistici è come se il Poggibonsi battesse il Brasile 5 a 0 e nei mesi che precedono la partita apertamente lo affermi davanti alle televisioni con aria convintissima.) 
Le vere frasi di Alì sono taglienti e andrebbero riascoltate nei cinegiornali. (Come quando ad ogni colpo che infligge al suo avversario Ernie Terrell gli chiede il suo nome. Terrell aveva fatto l'errore alle operazioni di peso di chiamarlo Cassius Clay, il suo nome da schiavo, come Alì dice o quando parla all'orecchio di un George Foreman durante il match nello Zaire e gli dice"George, picchi piano! George mia madre me le dava più forte!) 
Il povero W. Smith ha recitato una parte, c'ha provato, ma l'originale era un mito e la sceneggiatura non gli veniva certo incontro. 
Poi un ultima critica agli sceneggiatori:
per favore quando decidete di fare un film sulla boxe state attenti ai particolari. Non potete fare prendere 7 riprese di botte ad un povero cristo (vedi l'attore- ex-pugile che di cognome fa Bent ed è stato campione del mondo WBO dei Massimi e che interpreta Charles "Sonny" Liston - inoltre anche quello fu un incontro dove "boccalarga" o "labbro di Luoisville" (questo era il nickname del giovane Clay) doveva straperdere per tutta l'opinione pubblica che conta) fargli una faccia tumefatta e poi fargli sputare una dentiera IMMACOLATA a terra. Basta un minimo taglietto in bocca (ve lo assicuro) che la dentiera diventa rosso sangue, ma tanto sangue!. Se non volete dare l'effetto sangue, forse vi abbassa le presenze al cinema perchè i più fini si scandalizzano!, usate almeno paradenti blu o neri. Questo errore si è riproposto almeno in 3 incontri, uno anche quando Alì perde da "Smokin' Joe" Frazier nel 1971 per il titolo mondiale al Madison Square Garden" di NY. E poi un'altra cosa è il corpo del pugile che viene marcato dallo strusciamento delle corde e dagli scontri con l'avversario.Rosso tipo succhiotto!!! Film poca roba e questo dispiace soprattutto per "The Greatest" Mohammed Alì.

Francesco


IL SIGNORE DEGLI ANELLI 

2002
di Peter Jackson

La natura lussureggiante della Nuova Zelanda fa da sfondo al primo film di una trilogia che riproduce fedelmente uno dei libri culto del '900. Probabilmente il regista ha fatto tutto il possibile per trasporre un'opera mastodontica sullo schermo e ci è riuscito egregiamente, anche se i Tolkieniani doc hanno notato qualche piccola licenza rispetto al libro, anche per venire incontro allo star system (la bella Liv Tyler salva Frodo dai Cavalieri Neri, il ruolo di Dama Galadriel viene notevolmente ridotto e scompare un personaggio culto del libro come Tom Bombadil). L'impatto visivo del film è imponente, soprattutto nelle due battaglie, quella che apre il film dove Sauron perde l'anello e quella finale che sancisce lo scioglimento della compagnia dell'anello. Nel panorama delle varie razze che popolano la Terra di Mezzo spiccano per simpatia i piccoli Hobbit, e la potenza regale del guerriero Aragorn (Viggo Mortensen), ma tutti gli attori sono particolarmente calati nei loro personaggi. Forse il film è un po' carente dal punto di vista emozionale ed i punti in cui lo spettatore sussulta sulla sedia sono pochi, ma tutto sommato il rispetto dello stile tolkieniano viene mantenuto fino alla fine.

Vale Dam


FROM HELL - LA VERA STORIA DI JACK LO SQUARTATORE 

di Allen ed Albert Hughes 

Il primo quarto d'ora del film risucchia lo spettatore in un'atmosfera cupa e violenta scatenando sentimenti contrastanti: 
da una parte si rimane subito affascinati dalla sapienza registica dei fratelli Hughes, la steadicam ci prende per mano e ci conduce attraverso i vicoli sporchi e fumosi della Londra fine '800, attraverso il caos di una folla abbrutita e disperata che cerca di sopravvivere nel quartiere di Whitechapel (fotografato in maniera perfetta) mostrandoci fin da subito l'inferno personale delle prostitute del quartiere; nel giro di pochi minuti assistiamo non solo al delitto che segna la comparsa di Jack, e che si distingue tra i numerosi omicidi quotidiani tanto per la sua efferatezza quanto per la perizia nella mutilazione delle vittime, ma a minacce e violenze varie che culminano nella lobotomia di una giovane donna innocente, causando un senso di oppressione e repulsione e colpendo lo spettatore allo stomaco. 
Il film prosegue svelando la trama di un enigma che si risolve prima della fine, sciogliendo la suspence perche' il film vuole offrire solo una delle tante possibili spiegazioni di uno dei grandi misteri irrisolti del nostro tempo (possiamo quindi definire profetica la frase che pronuncia il grande Ian Holm autodefinendosi precursore del xx secolo?). Il vero finale e dedicato per• non a Jack, sfuggito al controllo della casa reale punito dai suoi confratelli massoni, ma all'altro protagonista, l'ispettore Abberline, uno stupendo Johnny Depp assorbito dalla propria solitudine quanto dalle visioni provocate dall'assenzio, profeta ed anima dannata che sacrifica l'unica possibilit… di felicit… per proteggere la prostituta Heater Graham ed abbandona il suo personale inferno lasciandosi traghettare nell'aldil… dalle nebbie.

Vale Dam


FrancescoY tu mama también - Anche tua madre : 
di Alfonso Cuaròn
con D. Luna , G. G. Bernal, M. Verdù
Mexico - 2001


Film della nuova cinematografia messicana che ha fatto incetta di premi in Europa. 
Film che cerca di far vivere atmosfere del messico 2000, ma che non presenta assolutamente spessore. 
E' una storiella con triste finale dove i protagonisti maschili, in fin dei conti, lasciano l'adolescenza dopo un rapporto omosessuale. 
Ogni tanto qualche incipit onirico,(forse una denuncia sociale?),che stona nel guazzabuglio 
trombereccio dei tre protagonisti. 
La cinematografia messicana degli ultimi decenni è nota per scene porno all'interno di commedie. 
Anche qui il sesso c'è. 
Film "Poca roba".!

Francesco


Il favoloso mondo di Amelie 
con A. Tautou, M. Kassowitz 

Il titolo riassume il film. Il mondo di Amelie è favoloso, da favola, non certo reale. 
Ed è questo che può piacere. Una commedia carina, ben girata, colma di effetti visivi e di trovate che fanno
anche star bene. Il finale è un buon antitodo alla tristezza, si esce dal cinema e si scherza. 
Non montiamoci la testa, però. Il film andrebbe visto per le due ore di tranquillità che può darti. 
Ma allora che facciamo, domani lo andiamo a rivedere? Ben inteso, Amelie può esistere solo nel suo mondo!

Francesco


"La rentrée" 
di Franco Angeli con Francesco Salvi, Livia Bonifazi, Nando Gazzolo -Italia-2001

Francesco Salvi insieme al regista scrive e sceneggia questo film. 
Film sufficiente dove interpreta il pugile Mario Gibellini. Esce di galera e continua a combattere perché essendo persona pura solo sul quadrato riesce a ritrovare quella purezza che nasce dal rispetto che due uomini hanno nell'affrontarsi ad armi pari. Gli eventi sono scanditi come in un ipotetico incontro dalla 1° alla 12° ripresa. Salvi esce dagli schemi che lo hanno fatto conoscere al mondo, comico demenziale, e da prova di una discreta verve drammatica. 
Film da vedere anche per le interpretazioni di Gazzolo che torna al cinema dopo tanto teatro e della Bonifazi.

Francesco


Luce dei miei occhi - di Giuseppe Piccioni 

Il film di Giuseppe Piccioni presenta davvero un buon spessore. I 2 protagonisti, Luigi Lo Cascio(antonio) e Sandra Ceccarelli, hanno ottenuto le coppe Volpi (miglior attore e miglior attrice) del recente festival del cinema di Venezia. La loro prova è sicuramente più che buona .Buona prova anche di un Silvio Orlando in giacca nera e faccia da malavitoso di periferia. Antonio fa il tassista e nelle ore di attesa invece di fumare sigarette legge libri di fantascienza . Si dipanano così tutta una serie di dialoghi intestini che hanno come protagonista l'alieno che la voce narrante chiama Morgan. Lei ha una figlia ed un negozio di surgelati. La storia di amore-nonamore che lega i due protagonisti è uno specchio sul quale si riflette la dura realtà della vita quotidiana di moltissime persone.

Francesco


THE OTHERS di Alejandro Amenabar 

Film apparentemente perfetto, finalmente un triller (uno dei pochi) che fa veramente paura, un'atmosfera da gotico ottocentesco (il film si svolge in una grande villa vittoriana), una protagonista (Nicole Kidman) bellissima e bravissima. Tutto bene, ma il film si inserisce in quel filone a cui appartengono (con esiti artistici diversi) film come "Il sesto senso" e "Le verità nascoste", quando una formula comincia ad essere ripetuta l'effetto sorpresa svanisce. Nonostante ciò il film è veramente molto bello, è in parte ispirato ad un romanzo breve di Henry James "Giro di Vite" (motivo in più per vederlo) ed è accurato anche dal punto di vista formale.

Vale


RAVANELLO PALLIDO di Gianni Costantino

Luciana Littizzeto è una vera forza della natura, recita bene, fa ridere ed è anche cosceneggiatrice di questo film. Una divertente apologia di come anche una bruttina può diventare una sex symbol, la protagonista infatti lavora come segretaria in un'agenzia di modelle, circondata tutto il giorno da donne bellissime ed altissime, è fidanzata con un giovanotto silenzioso che gli amici chiamano "mummia", ma un giorno, grazie ad una tintura di capelli la sua vita cambia...Uno dei pochi film ad essere veramente ironico ed autoironico.

Vale


IL PIANETA DELLE SCIMMIE di Tim Burton

Tim Burton dimostra anche questa volta di essere un genio, anche se il suo ultimo film è forse il meno "burtoniano".
Per la prima volta il gotico ed il fantasy cedono il posto all'impegno politico ed alla riflessione sulla diversità travestite da fantascienza; chi conosce il primo Pianeta delle scimmie interpretato da Charlton Heston nel 1968 sa che il film era legato alla realtà politica dell'epoca (guerra fredda, Vietnam, la paura del nucleare) ed alla fine del film la spiegazione di tutto ciò che era accaduto era semplice e razionale.
Ma tutto questo a Tim Burton non interessa, infatti il "suo" pianeta non è un remake, ne un adattamento;
ad una presa di posizione politica si sostituisce una feroce satira sul razzismo e sulla diversità, le scimmie evolute sicomportano con i pochi uomini come noi abitualmente facciamo con gli animali, considerati esseri inferiori.
La narrazione si snoda tra avventure, trucchi ed effetti speciali stupefacenti, ma è tutto funzionale al cuore del racconto, una possibile pacificazione finale tra specie diverse dopo l'ultimo scontro epico, con la vittoria del bellone di turno in perfetto stile hollywoodiano.
Ma le sorprese non sono ancora finite: Tim Burton, uno dei registi più originali ed anticonformisti, non poteva certo accettare una conclusione consolante ed il vero finale si svela improvvisamente lasciando lo spettatore intontito e stupefatto, come colpito da un pugno allo stomaco. Geniale!

Vale


"Lista di attesa" di Juan Carlos Tàbio 
con Vladimir Cruz, Tahimì Alvarino Cuba/Spagna 2000,102' 
Buoni attori. Fermi in una stazione degli autobus a Cuba si miscelano sogni e realtà.
Commedia leggera ma film da vedere. Sufficiente. 

Francesco


"Vengo-Demone flamenco" di Tony Gatlif 
con Antonio Canales, Oreste Villasan Rodriguez, Francia/Spagna, 2000, 95'
Il flamenco,musica e balli, trasporta le vendette, le tragedie e le fughe di 2 famiglie andaluse 
che si contrappongono nella realtà attuale con la testa al passato. 
Si può vedere.Quasi documentaristiche alcune scene di musica.

France


27 Baci perduti - di Nana Djordjadze 
con Shalva Iashvili, Nino Kuchanidze (Francia/Germ./Georgia) 2000.Musica G.Bregovic
I 27 baci perduti del titolo sono i baci appunto mancati ad arrivare a 100.
Baci che l'amata ha concesso all'amato durante l'estate di giochi, amori ed esperienze.
Film onirico colmo di poeticità e ricco di messaggi criptati che lo spettatore intuisce ma non svela sul momento. 
Occorre metabolizzare.
Buona fotografia. Alcune immagini veramete belle.

Francesco


Gohatto - Tabù di N. Oshima

Film giapponese sull'etica del samurai. Omosessualità latente e dichiarata incarnata dal novello samurai Kanò.
Film virtuoso con buona fotografia e un buon T. Kitano nella parte di un importante samurai. 
La presenza del novello Kanò crea problematiche nel gruppo di guerrieri che possono vagamente ricordare 
(ambito quì però totalmente diverso trattandosi di ambiente marziale) la deflagrazione della famiglia borghese disegnata in "Teorema" da P.P.Pasolini(1968) con l'arrivo dell'Ospite(Terence Stamp).

Francesco


BLOW di Ted Demme

Ascesa e caduta di George Jung, primo americano ad importare negli USA la droga colombiana del cartello di Medellin negli anni ’70. Seguendo la struttura inaugurata da Scorsese con “Quei bravi ragazzi”, “Blow” tratteggia in una serie di rapidi quadretti l’infanzia del protagonista nel Massachussets, le scaramucce tra i genitori ed il trasferimento in California con l’amico d’infanzia per cercare fortuna. 
Il ritmo rapido del montaggio, la spensierata leggerezza con cui ci viene mostrato l’ingresso di un giovane George nel mondo degli affari e dello spaccio di marjuana e soprattutto la presenza di una bravissima e misurata Franka Potente (Barbara, la prima fidanzata di George) rendono scorrevole e vivace la narrazione, scatenando tra l’altro non poche polemiche all’uscita del film negli USA, dove parte della critica ha accusato il regista di aver dipinto Jung come una sorta di eroe, o comunque di averlo reso indubbiamente simpatico agli occhi degli spettatore. 
Nella seconda parte del film, scandita dalla morte di Barbara e dal passaggio allo spaccio delle droghe pesanti, l’atmosfera cambia progressivamente. A Franka Potente si sostituisce Penelope Cruz, nel ruolo della bella e viziosa Myrtha, moglie cocainomane e sfrenata che George conosce in Colombia. 
All’apice del successo e della ricchezza segue però il crollo progressivo dell’impero costruito da Jung: l’esclusione dal giro, il tradimento dei colleghi, il sequestro del patrimonio e l’abbandono della moglie che oltretutto è la causa del suo arresto. Anche il ritmo del film si fa più discontinuo per lasciare spazio a momenti più intensi e malinconici,  durante i quali Demme ci mostra uno Jung sempre più patetico e vecchio (trasformazione fisica di Depp col naso sformato e la pancetta), incapace di risollevarsi e condannato a passare il resto dei suoi giorni in un carcere federale. Quest’ultima parte è sicuramente meno incisiva, a causa dell’indecisione del regista, che abbandona il distacco ironico dell’inizio senza però approdare ad una reale drammaticità, ma indulgendo al patetico. 
Nonostante l’atmosfera altalenante il film è comunque godibile, confezionato molto bene, soprattutto nel montaggio (vedi il dialogo tra George e il colombiano nel buio del carcere, o il primo incontro con Myrtha), supportato da una splendida fotografia dai colori caldi e da una colonna sonora (rock anni ’70) grintosa e perfetta per ricostruire il “mood” dell’epoca.  Un plauso agli attori, Johnny Depp prima di tutto, intenso e misurato e per questo molto più “vero” ed incisivo, Paul Reubens, parrucchiere-spacciatore di grande efficacia e Ray Liotta, che riesce a convincere nella parte del padre premuroso e comprensivo; un piccolo appunto lo possiamo fare semmai a Penelope Cruz, che all’opposto di Depp, decide di strafare e sceglie di essere sempre sopra le righe (forse un po’ troppo). 
Il film si chiude con lo sguardo del vero Jung che, dal suo carcere federale, interpella lo spettatore lasciando aperto ogni giudizio sulla sua “discussa” persona.

Vale


Il MESTIERE DELLE ARMI di E. Olmi

Buon film.Buona fotografia del figlio Fabio.
Atmosfere rarefatte e cupe del XV secolo che il regista traduce con l'ottica personale penso supportata da un vasto gruppo nel lavoro di ricerca. 
Sono gli ultimi giorni di vita di Giovanni delle bande nere.
Non solo guerre e soldati di ventura ma una riflessione sulla politica in generale, oggi come ieri, caratterizzata dalla visuale machiavelliana.

Francesco


 

Casa di Toscana in Concerto

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