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Susan e Daniel
sono una coppia giovane e affiatata ma stressata dal lavoro, con
l'hobby delle immersioni subacquee. Su insistenza di Susan, che
vuole staccare dal lavoro, organizzano in fretta una settimana
ai caraibi; decidono di approfittarne anche per fare una bella
immersione in pieno oceano. Purtroppo, per un errore di
superficialità da parte dell'equipaggio del battello che li
guida a immergersi, rimangono da soli in mezzo al mare; quel che
è peggio, è che prima che qualcuno si accorga della loro
mancanza, passano quasi 24 ore.
Film a
bassissimo budget, tratto da una storia vera, contiene
effettivamente poco "materiale" per riempire un film; infatti,
dura solo 79 minuti, quasi tutti lentissimi. Sia chiaro, per noi
puristi non è un difetto la lentezza, anzi : forse è l'elemento
determinante per giudicarlo positivamente.
L'introduzione
nervosa, quasi da film ricordo di famiglia, contrasta con la
prosecuzione; la tragedia della coppia è filmata quasi tutta con
la camera a pelo d'acqua, quasi mai sott'acqua, in modo da
cogliere la paura dell'ignoto, di quello che non si vede (o si
preferisce non vedere, come ripetono a proposito degli squali
sul battello).
E' buffo notare
come, in sala, la stragrande maggioranza degli spettatori
tendono a dimostrarsi annoiati, per poi scoppiare in una
fragorosa e liberatoria risata ad una semplice battuta della
protagonista. Paura? Scarsa elasticità mentale a calarsi nel
dramma? Strano; quella che Kentis ci racconta è una classica
tragedia da società opulenta, un inconveniente in un campo
decisamente superfluo, anche se indubbiamente affascinante come
lo scuba diving.
Film faticoso
da vedere ma decisamente coraggioso da realizzare.
di:
Ale
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