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Stéphanie
è una trans, vive e batte a Parigi; abita insieme a Djamel,
maghrebino con la faccia da furbo, che si prostituisce nei bagni
della stazione (50 per le donne, 20 per gli uomini), e a Mikhail,
russo, pugile triste e tenero, in fuga da qualcosa di poco chiaro;
i tre si amano, o almeno, dicono di amarsi. La loro apparente
tranquillità verrà scossa dall'agonia della madre
di Stéphanie, per la quale lei è sempre Pierre,
anche se ha sembianze femminili. I tre accompagneranno la donna
verso la morte, nella vecchia casa di campagna della famiglia,
dopodichè riprenderanno la loro vita di sempre.
Già rivelatosi con l'ottimo "Quasi niente"
nel 2000 (arrivato da noi due anni dopo), Lifshitz torna sempre
con una storia gay, ancora più complicata; a tutti viene
alla mente "Jules e Jim", ma è chiaro che la
cosa è molto diversa. Il film è silenzioso quasi
come un film orientale, montato cronologicamente a puzzle come
"21 grammi", ma è molto meno angosciante; i
flashback sono teneri (l'infanzia da bambino di Stéphanie/Pierre)
tanto quanto, ad esempio, le scene di sesso sono crude ma non
forzatamente : solo reali.
La scena d'apertura è bellissima, una figura efeba canta
una bella canzone che domanda "are you a boy or a girl?"
davanti ad una stanza piena di trans, quella di chiusura geniale
(non ve la svelo, mi sembra più giusto); nel mezzo, il
film scorre lento ma inesorabile come la disperazione di questo
amore frutto, forse, più della solitudine che del vero
sentimento.
Piccolo dettaglio di cronaca, il film è distribuito in
lingua originale con sottotitoli; si perderebbe altrimenti il
divertente pasticcio nel quale dialogano i tre protagonisti,
visto che Mikhail non sa una parola di francese ma conosce l'inglese
di base, mentre gli altri due con l'inglese se la cavano malino,
e si esprimono naturalmente in francese, senza contare le colleghe/amiche
di Stéphanie, che sono ovviamente brasiliane e che quindi
parlano portoghese.
Nella miseria delle uscite estive, un piccolo raggio di sole.
di: Ale
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