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1950, boom industriale, un
istituto di ricerca svedese piazza degli "osservatori", su dei
seggioloni tipo arbitro di tennis, nelle cucine dei single di un villaggio
norvegese (famoso per la "sovrabbondanza" di uomini).
Incipit irresistibilmente grottesco (per un fatto reale; e pensiamo solo a
cosa staranno inventando adesso, a distanza di oltre 50 anni.
Prima riflessione indotta), proseguimento visionario (l'immagine delle
auto tutte uguali con le roulotte tutte uguali con i seggioloni sopra
tutti uguali ci diverte mentre guardiamo il film, ci scuote dalla
massificazione mentre torniamo a casa mentre un brivido ci scende lungo la
schiena); una prima parte con un ritmo lentissimo, che scruta i personaggi
nelle loro smorfie pių intime, nei loro tic quotidiani, nelle loro
solitudini profonde, una seconda parte che scalda il cuore, lentamente,
partendo da lontano, come se, appunto, dovesse sciogliere neve e ghiaccio.
Nonostante la (presunta) morte di Isak, il messaggio di speranza giunge
delicato ma forte e chiaro.
Gioiellino con stile nord-europeo.
di: Ale |