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StTre
storie d'amore; una, appena abbozzata, quella tra la pop-star
che rimane sfigurata in un incidente d'auto, e il fan che si
acceca volontariamente per poterla incontrare, visto che lei
non vuole più mostrarsi a nessuno; un'altra ancora tra
una donna dolcissima che aspetta il suo fidanzato per anni,
mentre lui a sua insaputa diventa un boss della yakuza; e infine
quella che percorre l'intero film, tra due giovani promessi
sposi davvero innamorati, dove lui, costretto dalla famiglia,
improvvisamente decide di sposare la figlia del suo capo, e
la sua ex impazzisce.
Probabilmente il capolavoro di Kitano, che ci ha abituati a
film intensi ma densi di bagni di sangue, e invece ci spiazza
con un film sull'amore; viene in mente il David Lynch di "Una
storia vera", per dare l'idea di quanto questo film sia
una mosca bianca nella filmografia del regista giapponese.
Amore, l'amore che soffre a causa degli eventi che ci travolgono,
che ci condiziona la vita, che ci fa perdere la ragione, che
ci condanna ad una vita senza gioia.
Sequenze più che suggestive, prevalenza di inquadrature
fisse con i protagonisti in movimento che entrano ed escono
lentamente, colori forti in primo piano, con il rosso, il colore
della passione, a farla da padrone.
Alternanza col teatro Bunraku, alternanza tra le storie in maniera
quasi sadica, in momenti nei quali la curiosità si fa
morbosa si stacca sull'altra. L'inconfondibile tocco orientale,
le sequenze in spiaggia tanto care a Kitano, un film simbolico
e triste, profondamente triste, dove non c'è perdono,
non si rimedia agli errori commessi, anche se ci sembra che
i protagonisti ci arrivino vicinissimo, non c'è via di
scampo.
Un film dove, se ancora non lo sapeste, imparerete che l'amore,
quello vero, viene prima di tutto.
E se lo lascerete scappare, potreste pentirvene amaramente.
di: Ale
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