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Sudafrica
1995, un anno dopo la fine dell’apartheid; giornalisti di tutto
il mondo seguono le udienze della “commissione per la verità
e la riconciliazione”, dove testimoni delle brutalità
della polizia parlano davanti agli esecutori; a questi ultimi
sarà concessa l’amnistia se confesseranno e saranno in
grado di dimostrare di aver eseguito degli ordini.
Tra
i due giornalisti ci sono Anna Malan, poetessa afrikaner prestata
alla radio, e Langston Whitfield, giornalista nero americano.
I due matureranno insieme, cambieranno la loro visione delle
cose, si innamoreranno e scopriranno verità dolorose.
Boorman dirige un film molto bello, portandoci per mano in un
paese straordinario e apprendendo, insieme allo spettatore,
una lezione di civiltà dagli africani.
Il film è spietato, e la storia d’amore è funzionale
alla storia, togliendo la patina da documentario al tutto.
Intenso e straordinariamente interpretato anche nelle parti
minori.
Nonostante l’incomprensibile decisione di cambiare il titolo
originale (Country of my skull) con un’altra frase inglese (In
my country), una lezione di civiltà, assolutamente da
non perdere.
di:
Ale
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