Live |
Giornata
caldissima, poco vento, si bolle già in coda per gli
accrediti.
Mi chiedo se sia possibile far cominciare a suonare le bands
alle 13-13,30 in Italia ad inizio settembre. In Inghilterra
va bene, ma qui......
Cominciano
puntuali i Ray Daytona tutti con tute bianche,
un sacco di altri personaggi sul palco con travestimenti buffi
(martello, chiave inglese, ecc.ecc) che distolgono un po' dalla
loro musica, che del resto non lascia granchè, a cavallo
del punk rock.
Vengono poi gli italiani Julie's Haircut che
puntano un po' più sull'indie-rock, ma che scivolano
via come l'acqua.
I Blueskins ricordano i Deep Purple di Glenn
Hughes e anche i Kings of Leon, mentre dopo di loro i Colour
of fire ricordano i Metallica in alcuni passaggi, e
la battuta che ci viene in mente è "volevamo essere
i Muse, ma siamo come i Rasmus" o quasi.
Ancora una band italiana, questa volta i Tre allegri
ragazzi morti. Un discreto seguito, ma non hanno tiro
dal vivo, o forse non sono adatti ad un palco così grande.
La sera cala lentamente, il sole picchia ancora, ed ecco i Mondo
Generator di Nick Oliveri. Per assurdo, Nick appare
molto più controllato che con i Queens of the stone age,
anche se la sua carica si avverte. E' un buon set, massiccio,
illuminato anche da un'apparizione per due pezzi da Mr.Lanegan,
col quale canta anche Autopilot dei QOTSA.
Purtroppo, quando sale sul palco la Mark Lanegan Band,
il sole non è ancora tramontato. Sarebbe stato molto
più affascinante e coinvolgente godere lo show, seppur
breve, dell'ex Screaming Trees, che per l'occasione dell'uscita
del suo nuovo "Bubblegum" si presenta come "Band".
Intenso, fascinoso, sempre più proteso verso una sua
Waitsizzazione (!!), ma conservando personalità da vendere,
si rende protagonista di una delle performance da ricordare,
per questa giornata.
Quasi in chiusura, Nick Oliveri rende il favore salendo sul
palco a sua volta insieme a Lanegan.
Si inizia a sfruttare l'impianto luci, ed i primi a sfruttarlo
sono i The Libertines, una delle formazioni
di punta del nu-rock'n'roll. Alle prese con una situazione molto
particolare (defezione temporanea, forse, di uno dei membri
fondatori, causa droghe e beghe legali varie), si danno da fare
ben poco sul palco, snocciolando le loro canzoni. Il set lascia
piuttosto indifferenti, sicuramente in questo genere c'è
di meglio.
Ed ecco i Franz Ferdinand, già in diversi
cantano le loro lodi, memori della discesa italiana di questo
inverno. I quattro hanno a loro favore, rispetto ad altri a
parità di genere, il fatto di mischiare forti influenze
diverse al "classico" rock'n'roll; la batteria col
charleston in levare, che fa tanto disco-music, le chitarre
funky o quasi, cosa, quest'ultima, che li distingue senz'altro,
ma che a parere di chi scrive, li fa perdere molto in potenza,
soprattutto davanti ad una platea così grande.
La
serata si chiude, sul palco dell'Arena, con i Sonic
Youth. Ho perso il conto di quanti album hanno fatto
(lo dico tanto per segnare la differenza dai due gruppi che
li hanno preceduti stasera), e quanti anni di attività
hanno alle spalle.
Tra l'altro, da diversi anni non li vedo dal vivo, ma sembra
che il tempo non sia passato. A parte una serie clamorosa di
stecche di Kim durante il pezzo di apertura, il concerto è
una bomba. Caos organizzato nelle prime 4 o 5 canzoni, tanto
per far capire che fanno ancora sul serio, che chi cerca musica
facile se ne può andare, che i padroni del noise sono
ancora loro, anche a 50 anni suonati.
Prevalenza
di pezzi dal nuovo "Sonic Nurse", alcuni classici.
Dopo il caos, ci avvolgono nel minimalismo sonoro e ci spiegano
come scrivere canzoni.
Vincono loro, e trionfano nel bis con una superba versione di
Rain on tin.
Ci
avviamo verso il campeggio, e penso che avrei dovuto andare
più spesso a vedere i Sonic Youth, in questi anni, durante
i quali li avevo un po' "messi da parte". Ma so che
mi perdoneranno. Passando accanto alla tenda dell'Estragon sentiamo
i Radio 4, che stanno chiudendo la serie di concerti svoltisi
lì, darci dentro alla grande. E' pieno, non ci fermiamo.
Domani ci attende un'altra maratona.
di:
Ale
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