Ma dov'è finito il rap? Dopo un periodo in costante
ascesa gli ultimi 2 anni
si sono rivelati disastrosi per l'Hip Hop italiano,
almeno dal punto di vista musicale , tanto che vi sfido a fare tre nomi di
rappers che non siano
Articolo 31 o Sottotono.
Eccettuati alcuni casi (i
Sottotono a San Remo ad esempio) la famigerata "scena Hip-hop" pare
disastrata: Neffa cambia decisamente genere
(ed ottiene un bel po' di
successo), AL, il più importante e storico giornale HH, chiude i battenti
così come il suo surrogato
"Groove" di cui esce l'ultimo numero
proprio questo mese, La Pina si da alla radio, i concerti diventano sempre
meno ed attirano sempre meno gente, altri "grandi" come
Frankie Hi
Nrg latitano, i programmi HH in radio e TV si diradano,
i dischi non si
vendono, Piotta rimane tristemente legato allo stereotipo del Supercafone…una
disfatta su tutti i fronti quindi, non solo quello dell'attenzione dei media.
I motivi per cui si è giunti a questo punto (morto) sono, a mio avviso,
principalmente due: l'avversione alla commercializzazione del rap e una sempre
maggiore carenza di contenuti. Il primo "problema" del rap italiano
affonda nelle sue radici.
Già in tempi non sospetti (era il '93 o giù di lì)
i Fuckin' Camelz in Effect
(che a dispetto del nome piuttosto tarro sono un
gruppo storico del rap) cantavano "…con una rima affilata a Jovanotti
gli tagliam la testa…" e, riascoltando i pezzi dell'epoca probabilmente
se la taglierebbe da solo.
Ma il problema è un altro, e cioè che nel rap
italiano, a differenza di quello americano, il grande successo di classifica e
di pubblico sono stati considerati sinonimo di commercializzazione e così
gruppi come Articolo 31 e Sottotono sono stati additati di fare HH
commerciale, di puntare alle ragazzine, di "sporcare il rap",
critica che, soprattutto riferita ad alcuni pezzi, non era poi così lontana
dal vero.
Giusto o sbagliato che sia molti gruppi (no, non i Gemelli
Diversi!)
hanno evitato (forse inconsciamente) di fare pezzi più
"accessibili" per paura di essere reputati commerciali, di perdere
la loro "credibilità di strada" ed il "giro" si è
conseguentemente e fisiologicamente ristretto. Ma c'era un'altra questione sul
banco, se si vuole più importante della prima, una "Questione di
Stile". Anche qui la storia è vecchia: "Questione di stile" è
il titolo di un pezzo (datato '93) con cui Speaker Dee Mo', leader del
movimento HH bolognese, rivendicava il fatto che il rap non era solo rimare
dei concetti ma era anche farlo con stile, rivolgendosi all'epoca a gruppi
"militanti" come Assalti Frontali e AK47.
Il problema fu che il
messaggio fu preso talmente alla lettera che l'equilibrio tra contenuto e
stile, dapprima a favore del primo, si ribaltò a favore del secondo tanto da
entrare in un circolo vizioso per cui alla fine l'unico concetto di cui si è
rappato è stato lo stile!! Ovvio, questa è una generalizzazione (e forte
anche) ma è un fatto che gruppi che avevano fatto delle idee politiche
(ovvero dei contenuti) la loro bandiera come 99 posse, Assalti
Frontali, Lou X
si sono apertamente allontanati dal movimento e che questa evoluzione
"povera di contenuto" alla lunga abbia contribuito alla situazione
odierna.
Le magagne non sono tutte qui, difatti il caro CD, i CD masterizzati,
Napster e i suoi cloni hanno dato un forte aiuto ad affossare vendite e
stimoli che di per se erano già bassi. Eppure, nonostante tutto questo,
qualcuno ci crede ancora e anche se i riflettori si sono abbassati si
producono ancora un bel po' di dischi che fanno muovere il culo.
Consigli? Se
li trovate (ed è un grosso se) andatevi a procurare Inoki che col suo
"5° Dan" ci mostra un altro lato di Bologna, i sempreverdi Gente
Guasta con "Qvinto potere" ed il genuino Turi col suo appropriato
"Salviamo il salvabile". In attesa che qualcosa si muova
all'orizzonte questo è lo stato dell'arte.
Hip hop Italia 2002.
by zio P
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